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L'infettivologo Angioni: "Al Santissima Trinità cure efficaci ma serve attenzione all'esterno"
Il Santissima Trinità di Cagliari, per adesso, sta riuscendo a gestire l’emergenza Covid-19. “Bisogna monitorare gli sviluppi della situazione”. Lo dice il dottor Goffredo Angioni, medico al reparto di Malattie Infettive all’ospedale di via Is Mirrionis. Uno che di virus ha sentito parlare da sempre, anche in casa: il padre era Giuseppe, che il reparto lo ha messo in piedi, scomparso da poco tempo. E nello stesso campo lavorava il nonno dal quale ha ereditato il nome di battesimo.
Attualmente nella struttura cagliaritana sono circa 80 i pazienti ricoverati per l’infezione da Covid. “Quelli più gravi - in Rianimazione - sono circa 7-8. In Pneumologia, che è lo step precedente, invece sono una ventina”, spiega il medico. Se i casi dovessero aumentare probabilmente saranno convertiti altri reparti, non solo a Cagliari ma anche nel resto dell’isola. “Purtroppo evidentemente molti non hanno ancora la percezione della situazione, vedo gruppi di giovani senza nessun tipo di precauzione”, dice l’infettivologo. Per il momento è difficile fare previsioni. “Tuttavia ci tengo a rassicurare che le terapie che vengono utilizzate qui al Santissima sono le stesse che vengono utilizzate in tutto il mondo”, afferma Angioni. “I risultati non stanno mancando. Lo testimonia il fatto che la mortalità è crollata in questa seconda ondata”.
Covid: quale è la situazione al Santissima Trinità?
“Abbiamo circa un’ottantina di pazienti ricoverati. Sono distribuiti nei reparti destinati all’infezione da Covid. Quindi Malattie infettive, Pneumologia, Medicina interna, Geriatria e qualcuno in Terapia intensiva e in Rianimazione. I più gravi - quelli in Rianimazione - sono circa 7-8. In Pneumologia, che è lo step precedente, invece sono una ventina. Gli altri 55-60 sono nei reparti di prima accoglienza, quindi Malattie Infettive, oppure Geriatria e Medicina Interna. Diciamo che per adesso la situazione al Santissima Trinità regge, nel senso che si riesce a gestirla. C’è una quota di persone che viene dimessa, quindi si riesce a far fronte i nuovi ingressi”.
Quali sono le prospettive?
“Bisogna vedere come andrà più avanti, giorno per giorno, come si evolve la situazione. Se dovessero aumentare i numeri penso che aprirebbero anche altri reparti, per fare spazio ai pazienti malati di Covid. Se la situazione dovesse peggiorare l’idea è questa. O di aprire altri reparti qua da noi, oppure di coinvolgere altre strutture ospedaliere nella zona del Nord Sardegna. Il grosso è ricoverato qui a Is Mirrionis, ci sono anche pazienti di fuori. Non possiamo fare previsioni più precise per adesso. Bisogna vedere come vanno le cose, considerando anche la riapertura delle scuole e i pazienti seguiti sul territorio”.
Che tipo di terapie si stanno usando al Santissima per curare l’infezione?
“Ho letto da poco le terapie che sono state usate per curare il presidente americano: cortisone, antivirale Remdevisir. Ci tengo a rassicurare che le terapie che vengono utilizzate qui al Santissima - già da mesi - sono le stesse terapie, quelle approvate, che vengono utilizzate in tutto il mondo. I risultati non stanno mancando perché la mortalità è crollata in questa seconda ondata. Probabilmente perché i casi vengono individuati prima e anche perché ormai si ha un’idea di quello che è il trattamento più efficace.”.
Quale è il suo giudizio sull’approccio della gente?
“Secondo me, adesso forse ci si rende un po’ più conto rispetto a prima. C’è stata, però, una fase a luglio-agosto molto negativa. Il problema è che purtroppo l’infezione si è diffusa all’interno delle famiglie. I pazienti ricoverati ormai arrivano da tutta la Sardegna, la diffusione ormai è capillare ed è più complicato riuscire a controllarla ora. Bisogna continuare a tracciare i positivi e i contatti e cercare di bloccarli in quel modo. Però rispetto alla prima fase adesso il virus si è diffuso molto di più. Mentre prima i focolai erano meno e più controllabili, ora ce ne sono di più e lo sono difficilmente. Tuttavia vedo gruppi di giovani senza nessun tipo di precauzione: evidentemente molti non hanno ancora la percezione della situazione. Misure di precauzione significa lavarsi le mani, stare a distanza e usare la mascherina, non è poi così complicato. Però quelli che vedo - per esempio nei parchi - sono gruppi di ragazzi che vivono come se fosse una situazione del tutto normale. E, in realtà, al momento non è così”.
Secondo lei servono ulteriori restrizioni?
“Bisogna vedere come va ora con il nuovo approccio che impone l’utilizzo della mascherina anche all’aperto. Se si riesce ad adottare restrizioni ulteriori sarebbe indubbiamente meglio. Altrimenti bisognerebbe avere il coraggio di prendere decisioni più drastiche per un periodo di tempo limitato e vedere un po’ cosa si ottiene. È chiaro però che sarebbe un grosso problema da un altro punto di vista, quello economico-sociale”.
Lei ha promosso una petizione online a marzo per una raccolta fondi per l’ospedale Santissima Trinità...
“Ci sono state tante raccolte fondi. Noi abbiamo ricevuto già dalla prima fase, da marzo, diverse richieste di persone che chiedevano di poter versare delle donazioni direttamente al reparto (Malattie infettive ndr.) invece che alla struttura ospedaliera o all’Ats in generale. Quindi abbiamo attivato una raccolta fondi che era finalizzata a raccogliere una cifra che doveva servire per alcuni apparecchi elettromedicali, come per esempio l’elettrocardiografo o altri strumentali, che non erano a nostra disposizione. Oltre a guanti, mascherine e tutto ciò che in quella fase poteva sembrare critica. Devo dire che abbiamo avuto una risposta eccezionale. L’obiettivo era raggiungere un budget di 20mila euro. L'abbiamo raggiunto quasi immediatamente, nel giro di poche settimane. Con quel budget abbiamo potuto acquistare endoscopi, che ora sono utilizzabili per singola stanza, cardioline, ora stiamo provvedendo anche all’acquisto di guanti ed altri materiali di protezione che comunque rimangono a disposizione qualora ce ne fosse bisogno”.