Giovedì, 02 Marzo 2023 13:02

Cagliari-Genoa, pareggino che non aggiunge e non toglie In evidenza

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“Quando non si riesce a vincere, è importante non perdere”. Il mantra di Claudio Ranieri è nitido. Nel post 0-0 di Cagliari-Genoa l’allenatore ha unito i puntini. La partita con i liguri è stata studiata per bene con le forze a disposizione. La momentanea bocciatura di Prelec - anche Azzi ha maturato la terza panchina di fila: pare strano ma sono i due soli acquisti di gennaio, a conferma di quanto la poca disponibilità economica del club dopo aver gestito male e con poca competenza il baratro della B - è andata a vantaggio di Luvumbo: scelta azzeccata. Irruento, poco propenso al dialogo con i compagni, l’angolano è però un coltello nel fianco di qualsiasi difesa, quando accelera procura falli e cartellini come nessun altro. E sir Claudio l’ha piazzato al fianco di un Lapadula, esperto ma con i liguri poco incisivo. Pavoletti? Ancora non al top, ha chiuso a fine gara mettendo grinta e centimetri. Per il resto, difesa rocciosa, sempre più sorpresa piacevole Dossena, e grande copertura della porta di Radunovic.

“Primo, non prenderle”, bersaglio centrato. Il tecnico di Testaccio ha infatti rispolverato i suoi principali, e solidi, cavalli di battaglia: il rispetto degli avversari, il giocare da squadra, specie dietro, e con spirito di sacrificio, la determinazione dei piccoli passi. Si è visto anche un filo di mentalità propositiva che parrebbe cozzare contro moduli e uomini votati e piazzati in campo per difendere. Di altri si parlerebbe di catenaccio. Ma si tratta di sana concretezza: la rosa del Cagliari era e rimane male assortita. Manca di un regista, anche se Makoumbou sta crescendo, non ha una mezzala di gamba - e Rog si è di nuovo fermato - in mezzo al campo nessuno ha l’attitudine di attaccare gli spazi senza palla. Inoltre, il classico trequartista, anche se Mancosu sta dando una buona mano, utile a disegnare assist, imprevedibile, abile nel prendere punizioni e tirare, non è in rosa. L’unico che punta e salta l’uomo è Nandez, appena rientrato dopo lunga assenza per infortunio, e destinato a lasciare il Cagliari a scadenza: altra genialata del club. Ma questa è un’altra triste, fallimentare e replicata storia. Il campo dice che i rossoblù hanno conquistato 3 punti nelle ultime gare, due fuori. Il pari con i liguri - reduci da un travagliato arrivo in aereo a poche ore dal match - interrompe la striscia di vittorie casalinghe cucinate da Ranieri con Como, Spal e Benevento, tutte dietro in classifica. Con il Genoa è il primo punto, dopo quello di Bari, con una squadra che sta sopra. E Radunovic non ha preso gol. Questo è il bicchiere mezzo pieno. Poi, l’atavica incapacità di finalizzare e concludere rimane. Ed è questa condizione che rende complicato ipotizzare, come è obbligato a fare l’allenatore del Cagliari, la corsa al secondo posto che vale la A senza passare dall’inferno dei play off. “Sinché i numeri non mi danno torto, ci credo. Servono 67/69 punti” le parole un tantino temerarie del tecnico.

Mancosu e soci ne hanno 38 che - con la sconfitta del Parma - valgono il settimo posto nel trenino che a fine stagione andrà a cercare il pass per la promozione. Il bicchiere mezzo vuoto dice che per ri-giocare in A si deve segnare. E anche tanto: per dire, il Cagliari di Ventura nel ‘97/98 è risalito con 53 reti all’attivo e 36 incassate, dietro Salernitana e Venezia. Nel 2003/04 il super gruppo guidato da Zola torna in A con 80 (!) gol segnati e 51 subiti. I punti? 83, alla pari del Palermo. Infine, nella cavalcata con Rastelli in panca la vittoria del campionato 2015/16 è frutto di 78 reti, 41 al passivo, che valgono  83 punti e il primo posto. A conti fatti, i prossimi play off sono alla portata della squadra. Ranieri rimane il più esperto e carismatico allenatore sulla piazza. Ma nessuno - dopo un girone d’andata, specchio delle scellerate scelte societarie, esaltate da una retrocessione vergognosa - può ragionevolmente recuperare tanto da issarsi nei primi due posti. L’auspicio è di essere smentiti. Ma sir Claudio è un tecnico e non un mago.

 

 

Mario Frongia