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Grazie alle risorse previste dal ‘Recovery fund’, intendiamo far ripartire la Sardegna, trasformando l’emergenza attuale in un’opportunità di rilancio e trasformazione. Nei progetti inviati al Governo nazionale abbiamo puntato su interventi importanti che possano incidere in alcuni settori vitali per il futuro dell’Isola”. Così il Presidente Christian Solinas ha sottolineato il lavoro svolto dalla Regione che ha trasmesso l'elenco delle priorità progettuali della Sardegna per la definitiva stesura del ‘Recovery plan’ da parte del Governo.

“La Regione ha rispettato i tempi per l’elaborazione delle sue proposte. Ora, aggiunge il Presidente Solinas, apriremo una fase di confronto con il mondo produttivo, con le parti sociali, con il mondo universitario, per la definizione di un grande piano di rilancio della Sardegna. 

In totale 206 progetti per un valore di 7 miliardi 690 milioni 693mila euro, divisi nelle sei macro-aree del ‘Piano nazionale di Ripresa e Resilienza’ redatto dal Governo Conte. Nella macro-area “Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo” la Sardegna ha presentato 53 progetti del valore di 1 miliardo 469 milioni 460mila euro; 66 progetti in quella “Rivoluzione verde e transizione ecologica” per 3 miliardi 329 milioni 535mila euro; in “Infrastrutture per la mobilità” 21 progetti per 1 miliardo 822 milioni 983mila euro; per “Istruzione, formazione, ricerca e cultura” 42 progetti per 351 milioni 713mila euro; 19 progetti in “Equità sociale, di genere e territoriale” per 472 milioni 500mila; infine nella macro-area “Sanità” 5 progetti per 244 milioni 500mila euro.

“È stato un lavoro di squadra al quale hanno partecipato tutti gli Assessorati, dice il Presidente, e nel quale è lecito riporre alte aspettative, anche se ci saremmo aspettati un ben piu’ ampio coinvolgimento delle Regioni da parte del Governo nella definizione degli investimenti, così da realizzare un piano veramente condiviso, ha aggiunto il Presidente. Abbiamo recepito le linee guida per l’elaborazione del Piano e puntiamo a far ripartire l’economia, colmando anche il gap nel campo delle infrastrutture strategiche. Tra i principali obiettivi, transizione energetica e sostenibilità ambientale, con un occhio di riguardo alla mitigazione del rischio idrogeologico, gestione dei rifiuti e delle risorse idriche, trasporti sostenibili con il completamento della rete ferroviaria, potenziamento della rete dei porti turistici e sviluppo della portualità commerciale, innovazione tecnologica e digitalizzazione della pubblica amministrazione, con diffusione delle competenze digitali e completamento della rete in fibra ottica, sostegno alla competitività delle nostre filiere strategiche (agroalimentare, industria, patrimonio culturale, turistico e paesaggistico), formazione, ricerca e politiche attive del lavoro, con particolare attenzione per giovani, donne e persone con disabilità. Discorso a parte merita la sanità, precisa il Presidente Solinas, per la quale il Governo ha preannunciato un ridotto investimento nell’ambito del ‘Recovery fund’. La Regione Sardegna ha puntato su progetti di integrazione tra politiche sanitarie e politiche sociali, sul potenziamento del sistema di accesso ai servizi territoriali, sulla realizzazione di infrastrutture ospedaliere in ambiti extraurbani, sulla ricerca antivirale, sulla digitalizzazione come strumento di promozione di una salute di prossimità”.

“Sono risorse che, dopo la grave crisi socio-economica causata dalla pandemia, contribuiranno a creare sviluppo e nuove opportunità di crescita in Sardegna. Investimenti che, utilizzati al meglio, realizzeranno obiettivi di lungo periodo. Saremo vigili nel verificare che i diritti e gli interessi della Sardegna siano tutelati nell’elaborazione definitiva del Piano nazionale”, ha concluso il Presidente della Giunta regionale.

 

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Il piano di emergenza della Regione procede più rapidamente del previsto. Ad oggi si registra uno stato di avanzamento che segna il raggiungimento del 75% degli obiettivi. È il bilancio dei primi venti giorni del Piano di intervento per l’emergenza Covid-19 adottato il 20 novembre, che fissa a 40 giorni la realizzazione, su differenti aree operative, delle principali azioni di contrasto alla pandemia nell’Isola.

“Andiamo avanti più velocemente del previsto  – dice il presidente della Regione Christian Solinas  – grazie ad un massiccio lavoro di pianificazione che sta dando risultati concreti nella gestione dell’emergenza. Proseguiamo sulla strada tracciata sin dall’inizio, con un’impostazione modulare che punta all’efficienza del nostro sistema sanitario e all’efficacia delle risposte alle necessità di cure e assistenza dei cittadini”.

“La macchina regionale - prosegue il presidente - è al lavoro per risolvere tutte le criticità emerse nel corso di questa seconda ondata, coordinando ogni elemento utile al risultato e attivando sinergie tra tutti gli attori in campo, con un unico obiettivo: sconfiggere il virus e garantire la salute dei sardi”.

La rimodulazione dei posti letto Covid-19, prevista nel piano regionale, ha portato in tre settimane a un loro incremento del 68% negli ospedali pubblici. Da una situazione di partenza di 392 posti letto effettivi si è quindi giunti a 658 (superiore al target di 545 posti letto fissato a quaranta giorni). Se si aggiungono i 100 posti letto delle strutture private, la situazione attuale registra 80 posti letto dedicati ai pazienti Covid di terapia intensiva (66 nelle strutture pubbliche e 14 nelle strutture private), 77 di semintensiva (49 e 28) e 601 posti letto in area medica (543 e 58).

“Il piano predisposto dalla Regione – dichiara l’assessore della Sanità, Mario Nieddu – ha focalizzato gli interventi su diverse aree su cui abbiamo lavorato e stiamo lavorando per risolvere le criticità e rafforzare l’intero sistema attraverso un potenziamento a 360 gradi. Abbiamo avviato un incremento importante del personale sanitario in servizio, sul territorio e negli ospedali, e adottato soluzioni come l’attivazione dei covid-hotel, per la gestione dei pazienti che non necessitano più di cure ospedaliere, per allentare la pressione sulle nostre strutture”.

Le assunzioni di personale in emergenza Covid, che includono medici e operatori, sono circa 630 unità. Le risorse attivate, oltre ai 2 milioni di test antigenici rapidi per la campagna di screening di massa, comprendono 12.500 saturimetri, 9 strumenti per test molecolari rapidi, 4 strumenti per indagine biologica molecolare, 150 letti di degenza e terapia intensiva, 200 monitor multiparametrici per degenze ordinarie semintensive e intensive, 200 pompe per farmaci e nutrizione, 50 elettrocardiografi, 15 defibrillatori, 4 emogasanalizzatori e 3 centrali di monitoraggio.

Nei primi venti giorni d’attivazione del Piano sono state avviate anche importanti accordi: con l’Esercito (4 postazioni fisse e 1 postazione mobile), Protezione Civile (fornitura di 25 mila test antigenici rapidi ai medici di medicina generale); Esercito e Croce Rossa (personale sanitario per l’ospedale da campo di Nuoro). Fra le misure messe in campo, anche l’attivazione dell’Rsa Covid a Macomer, tra le prima in Italia, da 40 posti letto.

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La Regione  ha una strategia digitale per la promozione turistica della Sardegna che passa per un'app. Ne parla l'assessore regionale al Turismo Gianni Chessa, con 'amministratore unico del Crs4 Giacomo Cao, il fondatore di Video On Line Nicola Grauso, l'innovatore sociale Andrea Pugliese e la comunicatrice del settore turismo Elsa Pascalis. Modera la giornalista del Tg2 Anna Mazzone.

Perché il turista ha cambiato modo di organizzare i suoi viaggi: ora lo fa attraverso strumenti mobili, come smartphone e tablet. E per questo nasce l'app della Sardegna, con contenuti sempre aggiornati e aperta ai Comuni. Si troverà tutto quello che serva al turista per arrivare in Sardegna e soggiornarvi, dalle strutture ricettive ai ristoranti, fino ai parcheggi. 

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Si è classificato al primo posto della graduatoria nazionale della presidenza del Consiglio dei Ministri il progetto ”Innovare, informare, partecipare - nuove metodologie per la comunicazione delle persone con ipoacusia” , nato dall’accordo di collaborazione tra l’assessorato regionale alla Sanità  (Direzione generale delle politiche sociali) e Sardegna Ricerche,  che ha visto la partecipazione tecnica e scientifica del CRS4.

La graduatoria, pubblicata il 4 dicembre dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, vede la Sardegna al primo posto su 17 regioni partecipanti, con un finanziamento assegnato di 360 mila euro.

L'Organizzazione mondiale della sanità ha stimato che n tutto il mondo le persone con ipoacusia saranno 630 milioni nel 2030 e 900 milioni nel 2050, ipotizzando per l’Italia un andamento simile a quello previsto per l’Europa, ma a partire da una percentuale di ipoacusici più elevata che ingloba il più significativo tasso di invecchiamento della popolazione italiana, con un numero di persone con ipoacusia pari a poco più di 8 milioni per il 2025 e un numero compreso tra i 10 e gli 11 milioni per il 2050 (fonte OMS –Censis).

Con delibera del 7 agosto 2020, la Giunta regionale,  su proposta degli assessori alla Sanità Mario Nieddu e al Bilancio Giuseppe Fasolino, ha dato mandato al direttore generale delle Politiche sociali, Francesca Piras, e al commissario straordinario di Sardegna ricerche, Maria Assunta Serra, per la predisposizione e sottoscrizione di tutti gli atti necessari per la partecipazione all’avviso dell’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri, finalizzato alla promozione di iniziative volte a potenziare le competenze e le infrastrutture degli attori pubblici utili a favorire il superamento delle barriere alla comunicazione e l’accessibilità delle persone sorde e con ipoacusia ai servizi pubblici erogati dagli enti territoriali. Il CRS4 – Centro di ricerca, sviluppo e studi superiori in Sardegna – società partecipata di Sardegna ricerche – è stato individuato come organismo deputato a fornire il supporto di competenza scientifica e tecnologica per la predisposizione di un progetto sperimentale volto alla diffusione di servizi di interpretariato in lingua dei segni italiana (LIS) e video interpretariato a distanza, nonché all’uso di ogni altra tecnologia finalizzata all’abbattimento delle barriere alla comunicazione.

Il progetto è stato dunque presentato, entro i termini di scadenza del 30 settembre, dopo un intenso lavoro di equipe nei mesi estivi tra i funzionari e dirigenti della Sanità- Politiche Sociali, Sardegna Ricerche e CRS4.

Secondo i dati riportati nell’indagine Istat “Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari in Italia e nell'unione europea - Indagine EHIS 2015” si stima in Sardegna la presenza di n. 81.000 persone, di 15 anni e più, con gravità delle limitazioni nell'udito.

In particolare nel 2015 rispetto ad una popolazione in Sardegna, di 15 anni e più, pari a 1.457.000 persone, circa il 19%, si stima avesse una moderata limitazione dell’udito e circa il 5% una grave limitazione dell’udito. Pertanto nell’ambito delle attività volte a favorire l’inclusione sociale delle persone con disabilità uditiva, che secondo fonti OMS – Censis saranno in Italia circa otto milioni nel 2025 e tra i dieci e gli undici milioni nel 2050.

La Regione si è candidata alla realizzazione di strumenti innovativi che, attraverso l’utilizzo delle più moderne tecnologie, consentano di migliorare la qualità della vita delle persone con ipoacusia. In particolare con la proposta progettuale presentata si intende favorire la comunicazione interpersonale all’interno degli uffici regionali e comunali necessaria per assicurare il coinvolgimento attivo dei beneficiari degli interventi e per consentire alle amministrazioni socio sanitarie la presa in carico, la valutazione multidimensionale, la definizione del budget di progetto e la predisposizione del programma personalizzato.

Il progetto troverà in un primo momento di applicazione nella Direzione generale delle politiche sociali e successivamente sarà esteso ad altri settori dell’amministrazione regionale e di alcune amministrazioni comunali. Potrà poi essere replicato in un secondo momento con il coinvolgimento sull’intero territorio regionale delle amministrazioni comunali interessate e delle strutture e uffici del Servizio sanitario regionale.

 

 

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Contribuire alla definizione delle strategie regionali per le politiche del lavoro nel triennio 2021-2023, fare il punto sulle azioni attuate finora in Sardegna, in tema di sviluppo di nuove competenze e figure professionali, e sulle misure messe in campo per la salvaguardia dell’occupazione nel periodo di crisi determinato dall’emergenza da Covid-19. Questi i temi chiave del webinar di oggi promosso dall’Assessorato del Lavoro, Formazione e Cooperazione Sociale e da Aspal, l’Agenzia sarda per le politiche attive del lavoro.

“Promuoviamo questo approfondimento sulle politiche attive del lavoro per affrontare, con il contributo di esperti e osservatori, temi cruciali per lo sviluppo del nostro sistema produttivo, con l’obiettivo di risolvere le principali criticità che si sono sommate durante questo periodo storico particolare, focalizzando l’attenzione sull’occupazione giovanile e quella femminile”. Lo dichiara l’assessore regionale del Lavoro, Alessandra Zedda, in apertura dei lavori della “Conferenza regionale per le Politiche del Lavoro”, alla quale hanno partecipato, tra gli altri, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali e datoriali, Confindustria e Confcommercio Sardegna, Università di Cagliari e Banca d’Italia.

“È l’occasione in cui esaminare le prospettive di crescita economica per il 2021-2023 - sottolinea l’assessore Zedda – Tecnologia e innovazione sono gli elementi chiave per un nuovo modello di sviluppo e di crescita economica. Occorre perciò mettere in campo nuove misure, oltre a quelle previste nel Fondo Sociale Europeo, in aggiunta a quelle adottate nei mesi più critici ed è necessario proseguire in questa direzione.

Sotto questo profilo – aggiunge l’Assessore - la Regione deve da subito impostare la prossima finanziaria e la programmazione comunitaria con queste importanti linee di indirizzo”.

La vicepresidente Zedda spiega l’attuazione degli interventi così sintetizzati: “abbiamo investito in istruzione e formazione, quali strumenti capaci di favorire innovazione e dare forte contributo alla creazione di nuova impresa e allo sviluppo territoriale, alla qualificazione delle professionalità e delle nuove competenze necessarie alle trasformazioni del sistema produttivo. Le misure messe in campo dalla Regione sono state programmate con la finalità di un rilancio complessivo a sostegno di tutte le categorie coinvolte, a partire dalle imprese, disoccupati, lavoratori stagionali e vittime di violenza, impiegando le risorse nei tirocini, voucher, bonus, attivazione dei cantieri Lavoras, microcredito e intervenendo con due misure previste nel Fondo Resisto per la concessione di contributi per il taglio del costo del lavoro, che consentirà alle imprese di non chiudere o di reggere sul mercato mantenendo il vantaggio competitivo”.

Al dibattito è intervenuto anche il Commissario straordinario di Aspal, Aldo Cadau, il quale evidenzia che “sul fronte occupazione l’Assessorato del Lavoro e Aspal sono in prima fila. Grazie agli strumenti di innovazione tecnologica con i suoi Centri per l’Impiego sta garantendo e assicurando in modo continuo e tempestivo tutti i servizi indispensabili a cittadini e imprese. L’Agenzia sta investendo sul potenziamento dei Cpi, sul rafforzamento dei sistemi informativi e sull’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro”.

“Il nostro obiettivo - conclude l’esponente della Giunta Solinas - è arrivare a una vera collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti nella costruzione di una mappa reale dei fabbisogni professionali da parte delle aziende e al conseguente aggiornamento del sistema formativo regionale in modo da assicurare la tenuta dei livelli occupazionali e creare nuove possibilità di lavoro, in un territorio, quello sardo, che non accetta di subire il declino ma che vuole e merita vere politiche di sviluppo”. 

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La Quarta commissione, presieduta dal consigliere di Forza Italia, Giuseppe Talanas, ha concluso il ciclo di audizioni antimeridiane sul Disegno di legge n. 108 (piano casa). Il parlamentino dell’Urbanistica ha ascoltato in videoconferenza i pareri, le osservazioni e le proposte formulate dagli ordini professionali dell’Isola e dal presidente dell’Anci Sardegna, Emilio Deiana.

Il primo a prendere la parola è stato il presidente dell’ordine degli ingegneri di Cagliari, Sandro Catta, che, così come evidenziato anche dalla maggior parte degli intervenuti, ha lamentato la mancanza della legge Urbanistica ed ha sottolineato come con il disegno di legge 108 si continui a procedere con un provvedimento di proroga, piuttosto che con una norma strutturale e stabile. In sostanza, gli ingegneri hanno manifestato favore alle finalità del piano casa ma hanno rimarcato in tono negativo la decisione “politica” di reintrodurre il lotto minimo in agro, insieme con il venir meno del requisito dell’essere agricoltori professionali per poter realizzare volumetrie residenziali. Una ulteriore sottolineatura critica ha riguardato l’introduzione della cosiddetta cessione del credito volumetrico e anche la proposta dei bonus volumetrici in contesti turistici. L’ingegnere Catta ha quindi auspicato, sempre con riferimento all’agro, opportune valutazioni che tengano conto delle diversità dei territori della nostra Regione e del differente impatto che le misure potrebbero generare nei diversi contesti, con annessi possibili  rischi sperequativi.

Decisamente contraria al provvedimento di proroga del piano casa, invece, la federazione degli architetti, pianificatori paesaggisti, che con la presidente Tiziana Campus, ha preso le distanze dalla proposta di legge («non ci riconosciamo nel Dl 108») ed ha parlato di “provvedimento inefficace che non consente di incidere sul miglioramento della domanda architettonica, finalizzato a favorire un generale miglioramento della trasformazione qualitativa del territorio”. La critica è proseguita con l’intervento del presidente dell’ordine degli architetti di Nuoro, Paolo Falqui, che ha posto in dubbio anche una possibile ripresa di tipo economico per effetto delle nuove norme sull’edilizia. «Manca la cornice normativa – ha spiegato Falqui – perché le azioni sul territorio possano massimizzare i loro benefici e così, dopo undici anni di proroghe, si può affermare che la pianificazione è messa in secondo piano, mentre si dà priorità agli aspetti particolari». Critiche sono state rivolte anche per la prevista deroga rispetto ai “centri matrice”e alla proposta di estendere gli ampliamenti ai seminterrati ad uso residenziale, commerciale, direzionale e socio sanitario.

Hanno guardato con più favore alla proroga del piano casa i geometri che, con il presidente del collegio di Sassari, Giovanni Battista Pinna, e con il suo omologo di Oristano, Fulvio Deriu, hanno avanzato due proposte di modifica. La prima: estendere i benefici volumetrici del piano casa anche agli edifici interessati dai condoni. La seconda: con riferimento alla legge 4 del 2009 (Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo) nei casi in cui è prevista la demolizione e la ricostruzione, consentire lo spostamento del  nuovo fabbricato entro un margine ragionevole o, dove non sussistano particolari vincoli, entro i confini della proprietà.

Sono undici le criticità segnalate (in un documento che sarà inviato alla commissione urbanistica del consiglio regionale) dai periti industriali di Cagliari che con il presidente dell’ordine, Pasquale Aru, hanno lamentato “una stesura poco chiara del testo normativo”. Posizione pressoché identica a quella manifestata da Marco Fanunza, per i periti agrari di Cagliari.  

Più articolato, invece, l’intervento dei dottori agronomi e forestali che col presidente regionale Luigi Ledda e con la componente dell’ordine di Sassari, Luana Correddu, hanno espresso ferma contrarietà per gli interventi in agro, se non connessi all’attività del fondo e vincolati alla professione agricola. Anche il presidente degli agronomi di Oristano, Pasqualino Tammaro, ha insistito sul tema dell’edificazione nelle campagne e sul consumo del suolo, reclamando “maggiore attenzione per il territorio extraurbano”. «Nell’ambiente rurale serve superare il concetto volumi-superfici – ha spiegato Tamamro - e la volumetria deve essere legata alla produttività del fondo». «Sarebbe meglio – ha concluso il presidente degli agronomi nuoresi, Enzo Ibba - rimandare alla legge urbanistica le eventuali modifiche, contenute nel Dl 108, a proposito dell’edificazione in agro».

Ed è proprio sulle questioni connesse alle campagne che si sono concentrate le richieste di precisazione ed i quesiti posti dai consiglieri Maria Laura Orru, Antonio Piu e Massimo Zedda dei Progressiti; Francesco Mura (Fdi) e Roberto Li Gioi (M5S).  

A nome dell’Anci, il presidente Emiliano Deiana, ha svolto alcune considerazioni di carattere generale, preannunciando l’invio alal commissione di una più dettagliata analisi “che possa rappresentare il punto di vista dei sindaci della Sardegna sulla proroga del piano casa”. Deiana ha ricordato in via preliminare alcuni principi relativamente alla pianificazione del territorio ed ha ribadito un concetto chiave: «La Regione deve organizzare la cornice normativa e spetta agli Enti Locali la pianificazione dal basso».

Il presidente Anci ha inoltre riaffermato “ la diversità territoriale come un valore” ed ha auspicato che si giunga all’approvazione di “un provvedimento che semplifichi i procedimenti amministrativi e renda più trasparenti i percorsi istituzionali”. Quindi la provocazione («mi domando cosa cambia, per le zone interne dell’Isola, con il disegno di legge 108») e poi l’elencazione dei punti sui cui dovrebbero incentrarsi le sottolineature critiche degli Enti locali: l’ambito rurale nel paesaggio costiero, la fascia dei 300 metri dal mare, l’uso residenziale dei seminterrati, maggiore coerenza normativa e l’inadeguatezza degli uffici tecnici comunali.   

I lavori della Quarta commissione proseguiranno alle 15.30 con l’audizione delle organizzazioni delle imprese e quindi delle associazioni ambientaliste e dei sindacati.   



 

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Il CRS4- Centro di Ricerca, Sviluppo, Studi Superiori in Sardegna viene fondato il 30 novembre 1990 per volere della Giunta regionale sarda, che affida al premio Nobel Carlo Rubbia l’incarico di presidente. Insieme a Rubbia furono ingaggiati anche lo scienziato Paolo Zanella, quale amministratore delegato, e un folto parterre di giovani ricercatori provenienti da tutte le parti del mondo.

La nascita di un centro di ricerca in Sardegna ha dato vita, negli anni a seguire, ad un ecosistema dell’innovazione nel quale il CRS4 è stato il motore trainante: la Regione investì 10 miliardi di Lire affinché venissero studiate, sviluppate e applicate soluzioni all’avanguardia utilizzando tecnologie computazionali abilitanti nei settori dell’informatica, dell’energia e ambiente e del calcolo ad alte prestazioni; nel 1993 il sito del CRS4 (www.crs4.it) fu il primo sito web in Italia e nel 1994 il Centro contribuì alla nascita del primo giornale online in Europa (unionesarda.it); nel 1995 nacquero il primo internet service provider italiano (Video On Line) e la prima radio che trasmetteva in live streaming (RadioX); sempre nel 1995 il CRS4 sviluppò il primo motore di ricerca italiano (Search in Italy); successivamente la Regione Sardegna ha continuato ad investire nel campo dell’economia digitale e delle start-up innovative.

“Dalla sua nascita ad oggi” - sostiene Giacomo Cao, amministratore unico del CRS4 – “il Centro ha contribuito al raggiungimento di importanti traguardi scientifici e tecnologici che hanno rappresentato un fiore all’occhiello per la Regione Sardegna”. Aggiunge Cao: “Oggi i settori trainanti della ricerca sono l’Ict, l’energia e l’ambiente, le bioscienze, l’informatica visuale e ad alta intensità di dati e le infrastrutture computazionali. Recentemente ha visto la luce il nuovo settore ‘Tecnologie digitali per l’aerospazio’, che potrà dare il suo apporto ad esempio, alle prossime iniziative di esplorazione lunare e marziana nonché di applicare le tecnologie che ne derivano nei settori quali mobilità, agrifood, beni culturali e per la sicurezza del territorio”.

Conclude Cao: “Altro importante obiettivo sarà quello di prevedere nuovi scenari di ricerca, legati ad esempio alla tematica dei computer quantistici che consentiranno di affrontare problematiche molto complesse e di ottenere i relativi risultati in tempi molto ridotti rispetto a quelli ottenibili con i supercomputer attuali”.

Maria Assunta Serra, commissaria straordinaria di Sardegna Ricerche commenta: “Il CRS4 e il Consorzio 21 – ora Sardegna Ricerche - nascono dalla visione illuminata di un nuovo sviluppo basato sulla tecnologia avanzata, promossa nel 1985 dalla Giunta della Regione Autonoma della Sardegna allora presieduta dal sardista Mario Melis. È proprio in quell'anno che viene costituito il Consorzio 21 con l’obiettivo, inizialmente, di assistere lo sviluppo tecnologico delle piccole e medie imprese regionali  e,  successivamente, di creare e gestire il Parco Scientifico e Tecnologico della Sardegna. Viene poi presa la decisione  di costruire in Sardegna l’infrastruttura essenziale per questo tipo di sviluppo: un centro di ricerca sul calcolo avanzato. Il progetto fu sviluppato dagli assessori della Programmazione della Giunta Melis e della Giunta Floris,  insieme ai responsabili del Consorzio 21.  Il 30 novembre 1990 viene registrata a Cagliari  la società CRS4 scarl: il Consorzio Ventuno è uno dei soci fondatori  e ne assume la Vice Presidenza. In qualità di socio fondatore e unico soggetto pubblico, Sardegna Ricerche da allora continua a svolgere un ruolo di indirizzo e di  controllo sulle attività del CRS4 , ma soprattutto svolge un’ azione di sostegno e di  stimolo allo sviluppo prodotti, processi e servizi ad alto contenuto tecnologico, non  solo nell’ambito dell’ICT  ma anche nel campo  della diagnostica e della medicina personalizzata, della valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e del turismo”.

 

 

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“Sosteniamo le imprese e l’occupazione per portare la Sardegna fuori dalla crisi, supportare le attività che hanno dovuto chiudere e favorire la ripartenza del sistema Sardegna”. Così il presidente della Regione, Christian Solinas, commenta la destinazione di 221 milioni di euro alle “azioni di sostegno al sistema economico della Sardegna e a salvaguardia del lavoro a seguito dell'emergenza”: le risorse sono contenute nel nuovo provvedimento, approvato dalla Giunta. 

“Il primo risultato importante – spiega l’assessore alla Programmazione, Giuseppe Fasolino- è stato scongiurare i tagli della spesa già programmata in settori quali la sanità e gli enti locali e orientare le risorse frutto di alcune riprogrammazioni di spesa e di entrate pregresse, per affrontare gli impatti negativi causati dal Covid alla nostra economia. Abbiamo incrementato di 50 milioni di euro il ‘Fondo Emergenza Imprese’,  destinato anche ai professionisti, che vedrà così un maggior numero di beneficiari di prestiti e sovvenzioni a tasso zero. Abbiamo inoltre previsto – continua Fasolino – la costituzione di una serie di fondi rotativi come ulteriore strumento di sostegno alle attività economiche, al fine di riportare le aziende su un piano di naturale competitività e confronto: 60 milioni alle grandi aziende alberghiere e 10 milioni per prestiti e sovvenzioni dirette per interventi di crescita o rilocalizzazione delle attività, dedicando particolare attenzione ai settori che più di altri hanno patito le conseguenze del lockdown. Abbiamo inoltre destinato 4.000.000 quale concessione di contributo a favore dei taxi e degli NCC, fortemente penalizzati dalle limitazioni alla circolazione. Tra le misure previste a sostegno dell’occupazione si evidenziano i 15 milioni destinati alla filiera turistica, consentendo lo scorrimento della graduatoria già approvata e portando ad oltre il 90% il numero complessivo delle istanze soddisfatte. Altri 1.225.000 euro sono dedicati alle politiche attive del lavoro: compresi negli interventi sono quelli in favore dei lavoratori del “Porto Canale di Cagliari” e dell’area industriale di Portovesme. Interveniamo inoltre con un cofinanziamento regionale pari a euro 1.400.000 su  progetti del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), che attraverso un effetto moltiplicatore consente di destinare all’intera misura l’importo complessivo di euro 3.500.000”.

Con 875.000 euro si provvede, invece, allo scorrimento della graduatoria in favore delle micro, piccole e medie imprese  operanti nei settori delle tonnare, dell’allevamento delle cozze e dei mitili, e dell’apicoltura.  Ai lavoratori autonomi, a prescindere che siano o meno titolari di partita IVA ed analogamente ad organismi, agenti e scuole professionistiche operanti nel settore dello spettacolo dal vivo, teatro, musica, cultura, danza, - inclusi i professionisti e i tecnici del settore - andrà una indennità pari a 7.000 euro.

Previste anche ulteriori misure per integrare il reddito dei lavoratori dei Servizi scolastici di Istruzione degli studenti con disabilità e in situazioni di svantaggio. Altri 3 milioni vanno ad incentivare le nuove assunzioni e le conversioni a tempo indeterminato dei contratti a  tempo determinato.

“Questo è l’impegno della Sardegna sul fronte dell’impresa e del lavoro: affrontiamo l’emergenza – ha concluso l’assessore – ma con lo sguardo attento alla ripresa, alla prospettiva, alla creazione di un nuovo modello economico che offra nuove opportunità alle aziende e maggiore stabilità al lavoro per le nuove generazioni”.

Il provvedimento è stato discusso oggi in commissione Lavoro del consiglio regionale ed è passato a maggioranza.  L’assessore del Lavoro, Alessandra Zedda (Fi), ha illustrato, nello specifico, le misure e gli stanziamenti contenuti negli articoli 3 (comma 5, lettere dalla a- alla f) e 7 (comma 5, lettere dalla a - alla c) e che riguardano politiche attive del lavoro, bonus per l’occupazione e sostegni di vario tipo per il mantenimento e la salvaguardia dei salari e dei posti di lavoro, minacciati dal perdurare della crisi da Covid.

Assente per motivi personali, invece, l’assessore della Cultura, Andrea Biancareddu (Udc), che è stato sostituito in audizione dal direttore dei beni culturali, Renato Serra, e da quello della Pubblica Istruzione, Giorgio Cicalò. Ed è proprio sulle parti del provvedimento che riguardano l’assessore Biancareddu che i consiglieri della minoranza (Desirè Manca, M5S; Laura Caddeo e Maria Laura Orrù, Progressisti; Franco Stara, Italia Viva) hanno mostrato perplessità e sottolineature critiche, con riferimento soprattutto agli stanziamenti indicati nell’articolo 6 del Dl. 224. L’accusa, non troppo velata, rivolta dagli esponenti del centrosinistra e dei Cinque Stelle, è che si tratti di interventi non dettati dall’emergenza economica e sanitaria e caratterizzati da un troppo elevato tasso di discrezionalità nelle scelte.

In precedenza la commissione aveva sentito l’assessore del Personale, Valeria Satta, sulla questione del precariato nel sistema regione. Come è noto si tratta della vertenza che riguarda circa 60 lavoratori, impiegati con contratti a tempo negli assessorati, in enti e agenzie regionali, che sono rimasti esclusi dalle stabilizzazioni che hanno interessato, nella precedente legislatura, oltre 530 lavoratori.
L’assessora Satta ha annunciato, la previsione, proprio nell’assestamento di Bilancio, della norma per la proroga di un anno (fino al 31 dicembre 2021) dei contratti dei 60 precari attualmente in servizio nel sistema regione ma ha dichiarato di non voler procedere con le stabilizzazioni.

«La scelta politica – ha dichiarato l’assessora del Personale – è quella di aprire una nuova stagione che si dovrà caratterizzare per l’espletamento dei concorsi per favorire le nuove assunzioni in Regione».
Sul punto, la Seconda commissione, non ha escluso però di proporre una serie di proposte emendative al disegno di legge n. 224, che favoriscano l’attivazione delle procedure per la stabilizzazione (anche a scaglioni) dei lavoratori precari del sistema regionale.

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La Sardegna è la regione con il più basso tasso di trasmissibilità di contagi da Covid in Italia. L'ultimo report dell'Istituto superiore di Sanità registra un indice R con T di 0,79. Nessuna regione ha un tasso inferiore. E l'Isola continuaa scendere: una  settimana fa il valore era a 1. Tutto questo conferma l'Isola in fascia gialla, quindi tra le pochissime regioni dove le restrizioni non si sono inasprite rispetto a quanto stabilito nell'ultimo Dpcm del Governo. 

Ecco i dati delle altre regioni: Abruzzo 1,32, Basilicata 1,46, Calabria 1,06, Campania 1,11, Emilia-Romagna 1,14, Lazio 0,82, Liguria 0,89, Lombardia 1,15, Marche 1,17, Molise 0,94, Piemonte 1,09, Provincia Bolzano 1,16, Provincia Trento 1,03, Puglia 1,24, Sicilia, 1,14, Toscana 1,31, Umbria 1,06, Valle d'Aosta 1,14.

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Le piante officinali costituiscono una risorsa naturale utilizzata fin dagli antichi egizi. Da qualche tempo sono oggetto di un rinnovato e crescente interesse sia culturale che economico, dovuto alle loro proprietà, che ne consentono l’impiego in diversi campi, tra cui quello erboristico, farmaceutico, cosmetico, nutraceutico. Questo crescente interesse è determinato soprattutto della attenzione, specialmente nelle aree europee più industrializzate e a più alto reddito, verso consumi e tipologie produttive il più possibile naturali. 

Per questi motivi, l’alta qualità dei prodotti, sta diventando sempre più un fattore discriminante negli acquisti delle materie prime da parte delle industrie utilizzatrici. Risulta così fondamentale la presenza di un ambiente incontaminato, la certificazione dei contenuti chimici e merceologici dei prodotti, la biologicità delle produzioni e così via. Naturalmente la Sardegna, con il suo basso livello di industrializzazione e la sua elevata concentrazione abitativa nei capoluoghi di provincia, dispone di condizioni ambientali e climatiche ideali per lo sviluppo del comparto. Sebbene la nostra isola disponga anche spontaneamente di una straordinaria varietà di specie officinali, non esiste alcuna specifica tradizione produttiva in questo comparto, sia nella coltivazione che nella trasformazione industriale.

La definizione “pianta officinale” deriva da una tradizione culturale e storica del nostro paese e è per la prima volta inserita nel contesto normativo . Secondo la legge n.99 del 6 gennaio 1931, infatti, per piante officinali si intendono le piante medicinali, aromatiche e da profumo . Il termine ”officinale” deriva dal latino officina, ossia il laboratorio dove le piante venivano sottoposte alle varie lavorazioni (essiccazione, triturazione, macerazione, estrazione di essenze, ecc.) in modo da renderle utilizzabili ai diversi scopi. Attualmente il termine piante officinali può assumere differenti accezioni e ciò è ancor più vero se si considera che l’innovazione dei prodotti e dei processi industriali implica una continua evoluzione anche delle trasformazioni alle quali queste piante sono sottoposte. Tale definizione non trova riscontro né nelle statistiche ufficiali né nella terminologia in uso in altri paesi, dove si parla di piante medicinali, aromatiche e da profumo. Le piante officinali, come detto, sono una categoria ampia di specie botaniche, che hanno in comune la proprietà di essere vettori di sostanze dotate di attività specifiche, sensoriali, biologiche e farmacologiche. Non è possibile farle rientrare in categorie nella maniera classica dell’agronomia (erbacee, leguminose, arboree, legnose, orticole.) per via della loro peculiarità, che le rende una classe di piante trasversali dal punto di vista botanico, agronomico ed ecologico.

Si stima ricadano in questa categoria, fra le 20.000 (G. Penso) e le 100.000 (L. Craker) specie botaniche. La pianta officinale come tale è da considerarsi un “prodotto primario”, ossia un prodotto derivante dalla produzione primaria che comprende anche i prodotti della terra. La pianta officinale, pertanto, è una materia prima che, ad eccezione delle piante aromatiche vendute fresche per il consumo, per poter essere utilizzata deve essere adeguatamente trasformata. La pianta officinale deriva, come detto prima, il suo nome dal latino “officina” con cui è messo in luce l’aspetto della trasformazione e della lavorazione. Le piante medicinali possono essere utilizzate in o come alimenti, integratori alimentari, cosmetici, farmaci, mangimi e prodotti veterinari, prodotti per l’industria tintoria e conciaria, agrofarmaci naturali e prodotti per la casa. Una pianta di per sé non rientra, infatti, in uno specifico schema normativo in virtù della sua struttura, della sua composizione o proprietà; può essere usata come ingrediente o componente di un determinato prodotto se l’uso della stessa è compatibile con quella destinazione d’uso e rispecchia le regole applicabili al prodotto finito al quale è destinata.

PIANTA MEDICINALE (DROGA): Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, l’espressione piante medicinali comprende ogni vegetale che contenga, in un organo, o in più organi, delle sostanze che possono essere utilizzate a fini terapeutici o che sono i precursori di emisintesi chemio-farmaceutiche . In senso più specifico e secondo la Farmacopea Ufficiale Italiana e Farmacopea Europea, con questa espressione si fa generalmente riferimento a piante intere, frammentate o tagliate, parti di piante, alghe, funghi, licheni in uno stato non trattato, generalmente in forma essiccata, ma talvolta fresche. Sono anche considerate droghe vegetali alcuni essudati che non sono stati sottoposti ad uno specifico trattamento. Sono definite con precisione dal nome scientifico botanico secondo il sistema binomiale (genere, specie, varietà e autore).

PIANTA AROMATICA E DA PROFUMO: con questi termini si identificano le piante ricche in oli essenziali, contenenti sostanze aromatiche gradevoli al gusto, o altre sostanze odorifere o molecole con attività sensoriale, che possono essere utilizzate per la preparazione di aromi e di profumi.

La coltivazione delle piante officinali non si presta ad una descrizione agronomica univoca, con i criteri dell’economia classica (erbacee da pieno campo, legnose, frutticole, ecc.). Ha tuttavia molte similitudini con la coltivazione delle orticole in pieno campo, quindi un sistema di cultura abbastanza intensivo, che prevede impianto, cure colturali frequenti e uno o più raccolti durante il ciclo di sviluppo della coltura durante la stagione produttiva. Più raramente la coltivazione delle piante officinali è simile al ciclo colturale tipico di cereali o i foraggi, in cui semina e raccolto sono le uniche pratiche salienti. Infine, ci sono specie legnose, arbustive, arboree o altre perenni che sono coltivate in sistemi non intensivi e che sono difficili da inquadrare nella sistematica agronomica tradizionale (ad es. ginkgo, biancospino, rosmarino, genziana, salvia, elicriso, mirto). Scarseggiano, per la gran parte delle specie, le nozioni tecniche e agronomiche su tutte le fasi del processo di coltivazione ed in particolare la qualità varietale, il materiale di propagazione, nutrizione, difesa, raccolta e post-raccolta.

Per una gamma limitata di specie, fra cui menta piperita, passiflora, assenzio gentile, tarassaco, echinacea, melissa, origano, salvia e camomilla, esiste una consolidata prassi agronomica, che ne consente la produzione in un contesto avanzato e competitivo. Da alcuni tecnici la coltivazione di piante officinali è assimilata ad un “ibrido” fra la coltura ortiva da pieno campo, per l’intensità della coltivazione, e la vite, per la necessità di una tecnologia di post-raccolta indispensabile, sia per la stabilizzazione del prodotto primario, sia per la successiva valorizzazione nel mercato. Prodotto da raccolta “da campo” le piante sono raccolte in campo verdi, in fioritura, o alla maturazione delle parti, e comunque, salvo alcuni e rari casi, si tratta di prodotto che contiene percentuali variabili di acqua di vegetazione e per cui non conservabile e non trasportabile, se non su breve raggio. La raccolta può avvenire a mano o meccanicamente a seconda del tipo di coltura e delle caratteristiche dell’azienda. Una volta raccolto, il materiale tal quale ha una vita breve, da poche ore a massimo mezza giornata, e necessita di immediata lavorazione o stabilizzazione. La raccolta è fatta con falciatrici, falcia raccoglitrici, mietilegatrici e simili. La macchina più efficiente e idonea, specie per estensioni almeno superiori a 5 ettari, è la raccoglitrice per spinaci. Più raramente sono state sviluppate macchine ad hoc, come la macchina da camomilla (esiste un prototipo italiano ed il resto sono di fabbricazione estera) o per la lavanda (di fabbricazione francese o bulgara).

La peculiarità della flora officinale sarda, che si trova allo stato spontaneo nel territorio isolano, con oltre 220 delle oltre 320 specie endemiche della nostra isola, e la loro specificità delle possibili applicazioni di tali piante per la nutrizione, la cura e ed il benessere dell’uomo e dell’animale, fanno parte della storia e della tradizione millenaria dell’isola; sono oggi avvalorate da numerosi dati scientifici elaborati dai ricercatori di Università ed Istituzioni scientifiche. I principi attivi derivati da piante officinali possono essere applicati in numerosi settori produttivi: dall’alimentare al cosmetico, dal fitoterapico allo zootecnico ed al liquoristico. Tali principi attivi, potrebbero essere maggiormente utilizzati ed offrire interessanti prospettive economiche ed occupazionali per la filiera agricola e produttiva sarda. In questo senso è importante sottolineare la straordinaria biodiversità della flora sarda spontanea, e la volontà di trasformare questa risorsa in opportunità di reddito, individuando progetti specifici a sostegno del comparto che, con il contributo della comunità scientifica e del settore industriale, possano condurre ad uno sviluppo stabile, assicurando la necessaria soddisfazione economica ai produttori agricoli.

A cura di Riccardo Laconi (Biologo)

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