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"Il vero problema che interessa davvero i sardi è quello del pessimo funzionamento del sistema sanitario ed il Consiglio regionale deve occuparsene immediatamente, come chiediamo da giugno”. Lo ha dichiarato il consigliere regionale di Leu Eugenio Lai, illustrando il contenuto di una mozione sottoscritta da tutti i gruppi di opposizione.

La nostra richiesta, ha proseguito, riguarda soprattutto due punti: il preoccupante aumento dei contagi che non corrisponde al potenziamento dei posti di terapia intensiva negli ospedali (Is Mirrionis e Santissima Trinità di Cagliari, San Francesco di Nuoro ed altri) e l’allungamento delle liste d’attesa per le visite specialistiche ed ambulatoriali, che ogni Cup della Sardegna fissa da oggi ai prossimi 8-12 mesi. Dati gravissimi, ha concluso l’esponente di Leu, che secondo noi dimostrano, a differenza di quanto afferma l’assessore Nieddu purtroppo impegnato solo a polemizzare con i Sindaci, “che la situazione del sistema sanitario regionale non è, come dice lui, sotto controllo ma fuori controllo”.

La sanità sarda attraversa una crisi profonda, ha poi affermato il capogruppo del Pd Gianfranco Ganau, perché non riesce a fare fronte né alla domanda di salute territoriale né a quella collegata all’emergenza Covid. In quest’ultimo caso, ha spiegato, “registriamo un dato molto alto dei ricoveri che segnala la pressione crescente che grava sugli ospedali ed evidenzia le carenze delle strutture di terapia intensiva, dove nonostante la recente disponibilità di 90 ventilatori inviati dal Governo ne sono entrati in funzione appena 20”. Così come, ha aggiunto, “il sistema appare troppo lento sui tamponi, sia in termini quantitativi che nel processare quelli effettuati”. Dal punto di vista della sanità territoriale, ha detto infine il capogruppo del Pd, “i vuoti di organico nella medicina di base e di alcune specialità come la pediatria rappresentano elementi di grande preoccupazione per la tenuta del sistema, che la maggioranza ha voluto sottoporre ad un ulteriore stress con una riforma del tutto intempestiva che, di fatto, moltiplica i problemi e le difficoltà”.

Secondo il capogruppo dei Progressisti Francesco Agus, “è evidente che l’assessore Nieddu non è il grado di gestire questo delicatissimo momento della sanità sarda, o comunque non è in grado di farlo da solo”. Non vogliamo usare la pandemia “contro” qualcuno, ha assicurato Agus, ma chiediamo di invertire le priorità. Non parlare di posti da spartire come fa la maggioranza, ma di emergenze vere: la saturazione dei posti Covid in alcune grandi strutture come il Santissima Trinità di Cagliari, con dimissioni affrettate di pazienti positivi e trasferimenti di reparti improvvisati, e la diffusione dei contagi nel mondo giovanile contro la quale non è stato fatto niente.

Questo governo regionale, ha esordito la capogruppo del M5S Desirè Manca, “è oggi un simbolo dell’antidemocrazia ed anche i gruppi di maggioranza in Consiglio sono responsabili di una scelta inqualificabile che antepone ai drammatici problemi della salute e della vita dei sardi questioni oggi del tutto secondarie come i debiti fuori bilancio ed il riconoscimento del paesaggio sardo come patrimonio dell’Unesco”.

Dure critiche alla maggioranza anche dal consigliere dei Progressisti Massimo Zedda che, sempre in materia sanitaria, ha ricordato fra l’altro il blocco del Disegno di legge 127 che, dal mese di aprile, prevede lo stanziamento di importanti risorse per i pazienti più fragili assistiti dalla legge 162 e dal progetto “Ritornare a casa”- Col risultato, ha lamentato, che i servizi sociali di molti Comuni stanno rifiutando le richieste degli assegni di accompagnamento destinati alle famiglie. “Non siamo ancora alla seconda ondata del virus”, ha avvertito in conclusione Zedda, “che però arriverà forse insieme all’influenza e dobbiamo prepararci ad affrontare un momento quanto mai critico di circa 6 mesi”.

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 “Per il triennio 2020-2022, la Regione ha stanziato 1 milione 800mila euro per far fronte all’insufficienza delle risorse disponibili nei bilanci dei Comuni destinate all’attività di gestione della posidonia depositata sui litorali, così da consentire la fruizione delle spiagge e il contrasto all’erosione costiera. In Sardegna sono 72 i comuni costieri ed almeno la metà, particolarmente nell’ultimo triennio, è stata impegnata in attività di movimentazione della posidonia per decine di migliaia di metri cubi a stagione, con un esborso economico considerevole”. Così l‘assessore regionale della Difesa dell’ambiente, Gianni Lampis, ha commentato l’approvazione, da parte della Giunta regionale, delle modalità e dei criteri per la concessione dei contributi alle Amministrazioni comunali: 500mila euro per il 2020; 800mila per il 2021; 500mila per il 2022.

“I depositi di posidonia spiaggiata – ha spiegato l’assessore Lampis – sono uno strumento di difesa naturale contro l’erosione costiera e, dove impediscono la regolare fruizione delle spiagge durante la stagione estiva, vanno rimossi dai litorali. Si tratta di attività di gestione da effettuarsi con criteri adeguati per contrastare l'erosione, nel rispetto delle dune e della vegetazione dunale, salvaguardando l’equilibrio delle spiagge. Il contributo regionale assegnato ai Comuni non prevede altre forme di gestione della posidonia, come la rimozione permanente, il conferimento in impianti di recupero, riciclaggio, lavaggio oppure lo smaltimento in discarica”.

“I Comuni, anche tramite i titolari di concessioni demaniali, procedono, comunicandolo ai competenti uffici regionali e statali, allo spostamento temporaneo degli accumuli di posidonia in zone idonee dello stesso arenile o in aree individuate all’interno del territorio comunale, fermo restando che il riposizionamento è ammesso nella spiaggia di origine o in altra spiaggia limitrofa”, ha concluso l’esponente della Giunta Solinas. 

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La Sardegna sta affrontando un periodo difficile a causa della diffusione dei casi di Covid 19. Tanti, forse troppi ,  i disagi nel settore della sanità: dalle lunghissime liste d’attesa alla carenza di posti letto negli ospedali sardi.  “Stiamo pagando le conseguenze degli arrivi dei turisti di Ferragosto”, afferma Stefano Schirru, consigliere regionale del Psd’Az e componente della commissione Sanità.  Secondo Schirru se il Governo non avesse impugnato l’ordinanza di Christian Solinas - che imponeva test Covid obbligatori per chiunque arrivasse nell’Isola - non avremmo avuto tutti i contagi che si sono verificati nel periodo estivo. “Purtroppo siamo nelle mani di un governo composto da persone inadeguate, incapaci e incompetenti”, accusa duramente. 

Schirru esprime il suo parere anche sulla riforma sanitaria. “Non è una spartizione di poltrone. Prima c’era un'unica struttura governata da un uomo solo al comando e c’erano altre 8 sub-strutture con altri sub-commissari. Oggi, invece, stiamo dando personalità giuridica alle singole Asl e ci sarà un maggior controllo”. E, assicura che la riforma inciderà anche sulle liste d’attesa: “Stiamo stanziando maggiori risorse per smaltirle”. 

Partiamo dal Covid. Cosa ne pensa dell’ordinanza riguardo i test obbligatori impugnata dal governo?

“Credo che il Governo abbia fatto una scelta scellerata perché è dimostrato che se noi avessimo assunto questa decisione prima del lockdown, quando l’ha chiesta il presidente Solinas e il governo invece ha impugnato questa decisione, noi non avremmo avuto tutti i contagi che si sono verificati nel periodo estivo e di cui stiamo ancora pagando le conseguenze”.

Solinas cercava di trovare un rimedio ai contagi estivi con il provvedimento emanato a settembre?

“Assolutamente. Il presidente Solinas ha cercato di fare l’interesse dei sardi e della Sardegna”. 

Quale è la sua opinione sull’atteggiamento del Governo e in difesa di Solinas?                                                                  

“Purtroppo siamo nelle mani di un Governo composto da persone inadeguate, incapaci e incompetenti. Che non hanno percepito invece che l’iniziativa del presidente Solinas era volta a tutelare non solo i sardi, ma anche i turisti che volevano venire nell’isola per trovare una zona Covid free.  Vorrei ricordare anche che la Regione Sardegna per un lungo periodo ha registrato il più basso indice Rt di Italia.  Purtroppo il Governo ha affrontato in maniera errata la vicenda del Covid, perché anche durante il lockdown ha considerato l’Italia un territorio unico senza alcuna suddivisione. Questo a parer mio è stato sbagliato, nel senso che le zone più colpite non potevano essere considerate alla stregua delle regioni meno colpite o di quelle con un indice Rt molto basso. Quando noi avevamo un indice di contagio sotto lo 0.5, altre regioni invece registravano un indice superiore all’1, a quel punto abbiamo avuto gli stessi trattamenti delle altre regioni. Stiamo ancora pagando le conseguenze degli arrivi dei turisti di Ferragosto”.  

Parliamo della sanità. Sono tante le segnalazioni dei pazienti che hanno avuto disagi a causa delle attuali restrizioni previste con il Covid...

“Noi abbiamo cercato di governare l’emergenza, abbiamo potuto constatare che tutto il personale sanitario è stato all’altezza della situazione e ha gestito bene il periodo emergenziale.  I disagi purtroppo sono stati inevitabili perché si sono dovuti limitare gli accessi nelle strutture ospedaliere, andando ad allungare le liste d’attesa.  Questo è inevitabile perché tutto l’ordinario è stato sospeso e si è puntato solo agli aspetti urgenti e straordinari.  Si è dovuta garantire la straordinarietà e non l’ordinarietà.  Questo è derivato anche da scelte del governo nazionale perché col decreto che chiudeva praticamente l’Italia andava anche a inserirsi in questioni come quelle degli ospedali della funzionalità delle strutture”. 

Nello specifico?

“Tutte gli interventi programmati nella chirurgia sono stati sospesi, per dire. Così come tutte le visite programmate e gli esami. Per questo si interveniva unicamente per questioni irrimandabili e urgenti”.

Riforma sanitaria. Si torna alle 8 Asl, l'opposizione parla di spartizione di poltrone. In che modo la riforma dovrebbe migliorare il servizio? 

“Non è una spartizione di poltrone. Mentre prima c’era un'unica struttura governata da un uomo solo al comando e c’erano altre 8 sub-strutture con altri sub-commissari. Oggi, invece, stiamo dando personalità giuridica alle singole Asl. I territori avranno come riferimento una determinata Asl e quando andrà male qualcosa nel singolo territorio ci sarà per forza un responsabile, ci sarà più capacità di monitorare le determinate situazioni. Quindi se dovesse capitare qualcosa su Bosa, su Sassari o su Olbia questo non andrà a discapito dell’Iglesiente o dell’Ogliastra o dell’Oristanese e via dicendo. Ci sarà un maggiore controllo e una maggiore vicinanza con il territorio”. 

Inciderà anche sulle liste d’attesa? 

“Le liste d’attesa si sono incrementate unicamente per il blocco durante il lockdown.  Tuttavia stiamo stanziando maggiori risorse per accelerare le liste d’attesa soprattutto in collaborazione con quei privati che erogano un servizio convenzionato con il nostro sistema sanitario”. 

Al Microcitemico sono tante le proteste per il ritorno alla Asl, dopo che cinque anni fa era stata lasciata per entrare a far parte del Brotzu: cosa risponde davanti alle preoccupazioni? 

“Questo è un aspetto secondario, l’importante è che vengano garantiti i servizi e che vengano potenziati anche tutti quegli aspetti che vanno a dare un servizio ai cittadini. Noi abbiamo provveduto allo scorporo e alla scissione per garantire un servizio più efficiente”. 

Quali sono i punti forti di questa Giunta regionale e quali, invece, sono i settori nei quali è necessario un intervento più incisivo ora che è “superata” la paralisi del Covid?

“Parlando dei punti forti della Giunta, possiamo dire che è molto vicina al territorio, capisce le necessità, le esigenze, capisce gli umori e i malumori delle persone. È una Giunta composta da persone normali, che conducono una vita normale e che vogliono garantire alla popolazione sarda e alla regione Sardegna una qualità delle proprie risposte alle necessità della gente. Necessitano, invece, un intervento più incisivo tutti quei settori che non dipendono unicamente dalla Regione ma in cui ci sono le intromissioni dello Stato. Per esempio sulla continuità territoriale il problema non può essere affrontato solo dalla regione Sardegna, ma abbiamo necessità che degli organi sovraordinati quali i ministeri, il Governo e anche la Commissione europea svolgano il loro ruolo”. 

 

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“La mia formazione culturale e politica mi impone di rispettare ogni sentenza, ma non posso esimermi dal formulare alcune considerazioni, sul piano politico e su quello giuridico”. Così il Presidente della Regione Christian Solinas, che in una conferenza stampa a Villa Devoto è intervenuto in merito alla sentenza del Tar Sardegna che ha sospeso alcune parti dell’Ordinanza n 43.

“Sul piano politico – ha detto il presidente Solinas – se qualcuno avesse avuto dubbi sulla propensione di questo Governo di utilizzare due pesi e due misure, credo che questa vicenda li abbia definitivamente fugati, offrendone una rappresentazione plastica”.

“La stessa attenzione, la stessa avversione non è stata infatti riservata ad altre Regioni Italiane, che hanno emesso ordinanze e impartito direttive discriminatorie nei confronti dei Sardi o di coloro che avevano soggiornato in Sardegna: a titolo di esempio – ha detto il Presidente – basti verificare ciò che dispone l’art. 1 dell’ordinanza 69 della Regione Campania, che obbliga all’effettuazione del tampone chi proviene dalla Sardegna e perfino all’isolamento di 14 giorni nelle more dell’esito dell’analisi. La stessa Regione Lazio, teatro della vergognosa discriminazione a danno di una famiglia di sardi che non è stata ammessa all’ingresso dello Zoo di Roma in base, così ha dichiarato il Direttore, a direttive regionali, si fa oggi promotrice di voli aerei riservati a passeggeri muniti di attestazione di negatività. Interpretazione ancora più severa del cosiddetto “passaporto sanitario” da noi proposto fin dal mese di maggio, e per il quale fummo duramente attaccati da quello stesso Governo che oggi, invece, tace”.

“Non occorre sottolineare – ha detto Solinas – che tale trattamento è riservato ad amministrazioni di colore politico omogeneo a quello governativo”.

“La Sardegna – ha proseguito il Presidente – ha sempre cercato e offerto piena collaborazione al Governo nazionale per la gestione dell’emergenza e della ripartenza, proponendo modelli da adottare che abbiamo ritenuto e riteniamo validi per la difesa della salute pubblica. In questa direzione va anche l’Ordinanza n.43, finalizzata non certo alla limitazione di diritti personali ma piuttosto all’aumento dello screening su residenti e ospiti”.

“È dunque chiaro – ha detto il Presidente – che l’impugnazione da parte del Governo non ha ragioni costituzionali, ma esclusivamente politiche, ed appare fortemente discriminatoria”.

“Sul piano giuridico – ha proseguito il Presidente – la sentenza monocratica del Presidente del Tar afferma che è sì legittimo, da parte delle Regioni, adottare provvedimenti specifici in difesa della salute pubblica in casi di particolare gravità, ma nella fattispecie la diffusione del virus in Sardegna non apparirebbe di gravità tale da giustificare alcune prescrizioni stabilite. La motivazione costituzionale, dunque, non ha fondamento.

Non solo. Alla luce di queste parole – ha sottolineato il Presidente Solinas – è evidente quanto sia grave e colpevole la campagna mediatica e politica che la Sardegna ha dovuto subire nel vedersi indicata, ingiustamente, come Regione-focolaio, quasi come una zona rossa. Davanti all’accusa di non effettuare un numero sufficiente di test – ha proseguito il Presidente – è poi lo stesso Tar invece ad affermare che “l’incremento del numero dei contagiati è determinato dall’elevato numero di test effettuati””.

“Difenderemo le ragioni della Sardegna nell’udienza prevista per il 7 ottobre – ha proseguito il Presidente Solinas – certi di avere fatto tutto il possibile per tutelare la salute dei nostri cittadini e dei nostri turisti.

Rispetto all’operato e all’atteggiamento del Governo nazionale – ha detto il Presidente – non posso non denunciare una palese discriminazione nei confronti della Sardegna. Piuttosto che offrire paternalisticamente un “aiuto ai Sardi e alla Regione”, come detto da autorevoli esponenti di Palazzo Chigi, il Governo dia invece un esempio di imparzialità e impugni immediatamente anche le Ordinanze di quelle Regioni che hanno adottato provvedimenti palesemente discriminatori verso i sardi. In caso contrario – ha concluso il presidente Solinas – si renderebbe responsabile di una palese ingiustizia e di un’offesa all’ordinamento giuridico, ma soprattutto, ciò che ci sta più a cuore, al diritto alla salute dei cittadini”.

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L’assessorato regionale all’Agricoltura ha programmato numerosi interventi a sostegno del comparto agro-pastorale messo in ginocchio dal coronavirus. Ci sono  oltre 38 milioni di euro a sostegno delle aziende agricole più colpite dal coronavirus. Le aziende regionali stanno facendo la conta dei danni causati dal Covid. È difficile quantificare l’impatto della pandemia sul settore agro-pastorale, quello che è certo è che sono tante le società che hanno subito perdite nette a causa dell’emergenza.

Nel frattempo ci sono anche altre problematiche che l’assessorato è impegnato a risolvere. Come la vertenza latte. “Con l’istituzione del Sistema regionale per la rilevazione delle produzioni lattiero-casearie mettiamo ordine al settore garantendo maggiore stabilità e trasparenza dei dati grazie a un monitoraggio costante delle produzioni”, afferma l’assessore Gabriella Murgia.  Questo permetterà più trasparenza e stabilità e ci saranno delle ricadute anche sul prezzo del latte, anche se “sulla fissazione del prezzo del latte non ci può essere alcuna interferenza della mano pubblica e la sua formazione deve avvenire sul mercato con l’interazione fra domanda e offerta”, spiega Murgia. Tuttavia, “l’azione della Giunta è stata da subito orientata a sollecitare il ministero nell’individuazione di strumenti che consentano di rendere il mercato del latte ovino e dei suoi derivati più trasparente ed equo e più stabile”, continua.

Quanto ha impattato il Covid sul settore dell’Agricoltura?

"Le misure restrittive per il controllo dei contagi hanno determinato un forte impatto anche sull’agricoltura, così come per gli altri comparti produttivi e del commercio.  Questo per alcuni settori risulta ancora di difficile quantificazione, soprattutto per quelli che nei mesi di marzo e aprile non hanno potuto esitare sul mercato le loro produzioni o che hanno visto un forte crollo della domanda per effetto delle restrizioni. Per molti il lockdown si è tramutato in una perdita netta, penso agli agnelli e ai maiali invenduti nel periodo pasquale, alle produzioni orticole e frutticole, a quelle floristiche e vivaistiche. Si tratta di produzioni che non potevano essere conservate e la cui vendita non era quindi rinviabile.  Si aggiungano poi gli effetti derivanti, in via indiretta, dalla chiusura delle attività private e pubbliche per la somministrazione di alimenti o delle difficoltà del settore turistico e alberghiero che rappresentano per il comparto agricolo regionale un importante sbocco commerciale. Conseguenze che prima l’allentamento delle restrizioni e poi la riapertura alla circolazione tra le diverse regioni e tra Stati hanno solo parzialmente attenuato”.

 Un anno e mezzo fa la grande protesta per il prezzo del latte, a che punto siamo?

“L’assessorato ha seguito da subito con grande attenzione la situazione del comparto e l’andamento del mercato del latte ovino.  Abbiamo sollecitato più volte l’intervento del ministero delle Politiche agricole perché venisse portato avanti il lavoro svolto nei diversi tavoli convocati per affrontare un’emergenza economica e sociale mantenendo gli impegni presi con i pastori.  Oggi con il disegno di legge approvato dalla Giunta regionale che istituisce il Sistema regionale per la rilevazione delle produzioni lattiero-casearie mettiamo ordine al settore garantendo maggiore stabilità e trasparenza dei dati grazie a un monitoraggio costante delle produzioni.  Con questo provvedimento abbiamo posto rimedio ai ritardi dovuti alla mancata applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 3 della legge 44/2019 (un decreto legge convertito in legge con un iter parlamentare celere).  La delibera prevede l’istituzione di un sistema di monitoraggio della produzione di latte vaccino, ovino e caprino e dell’acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari importati da Paesi dell’Ue, con l’obbligo a carico dei primi acquirenti di latte crudo, di registrare mensilmente in relativi quantitativi nella banca dati del Sistema informativo agricolo nazionale, il Sian.  La Regione ha così deciso di dotarsi di un proprio sistema, che dialogherà poi con il sistema nazionale quando questo sarà operativo”.

Come funziona il Sistema regionale per la rilevazione e l’analisi delle produzioni lattiero-casearie del comparto ovino e caprino?

“Le aziende che producono prodotti lattiero-caseari contenenti latte ovino o caprino dovranno registrare ogni mese nella banca dati del Sistema informativo regionale, il Sir, i quantitativi di ciascun prodotto fabbricato e/o ceduto e le giacenze di magazzino, per ogni unità produttiva. Attraverso il Sir e la banca dati specifica, la Regione provvederà alla raccolta delle informazioni delle produzioni del comparto ovino e caprino di tutto il territorio regionale. Questa è finalizzata a un’attività analitica di monitoraggio, operata dall'Osservatorio della filiera ovina e caprina. Il sistema è indispensabile come supporto alla programmazione delle produzioni e delle politiche di intervento a favore del comparto”.

 Cosa ci dice in merito al prezzo del latte?

“È chiaro che sulla fissazione del prezzo del latte non ci può essere alcuna interferenza della mano pubblica e la sua formazione deve avvenire sul mercato con l’interazione fra domanda e offerta.  L’azione della Giunta è stata da subito orientata a sollecitare il Ministero nell’individuazione di strumenti che consentano di rendere il mercato del latte ovino e dei suoi derivati più trasparente ed equo e più stabile. In questa direzione vanno viste, quindi: la più volte reiterata richiesta di istituzione del tavolo nazionale della filiera ovicaprina; la costante sollecitazione per l’attuazione dell’art.3 della legge 44/2019, per l’attivazione di un sistema nazionale di monitoraggio della produzione di latte e dell'acquisto di latte e prodotti lattiero-caseari a base di latte importati da Paesi dell'Ue e da Paesi terzi; il richiamo affinché ci sia piena applicazione delle norme nazionali e comunitarie che vietano le pratiche commerciali sleali e le vendite sottocosto nel sistema delle relazioni commerciali tra imprese nella filiera agricola e alimentare, intensificando a tal fine il sistema dei controlli e auspicando anche un provvedimento normativo di riordino della disciplina con una chiara definizione degli obblighi e delle condizioni da rispettare nella vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari e delle sanzioni per l’inosservanza.  Inoltre, lo stimolo e il supporto offerto dall’assessorato all’azione di OILOS è costante.  E, stenta ancora ad avere piena operatività e ad assumere il ruolo centrale nel governo del sistema, scopo per cui l’Organizzazione interprofessionale è stata costituita”.

In che modo incide il Sistema regionale per la rilevazione delle produzioni lattiero-casearie con il prezzo del latte?

“Questa domanda rimanda agli elementi richiamati nella precedente risposta, ossia alla necessità di introdurre nella struttura della filiera del latte ovino elementi di trasparenza e stabilità.  Questi dovrebbero portare da un lato alla definizione di un prezzo remunerativo per tutte le imprese del sistema, sia di produzione che di trasformazione, e dall’altro a limitare la fluttuazione tra le diverse annate del prezzo di alcuni formaggi, il pecorino romano in particolare, con le note conseguentemente su quello del latte.  Nelle more dall’attivazione sistema nazionale di monitoraggio, l’istituzione del sistema regionale di dichiarazioni obbligatorie nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari ovini e caprini ha l’obiettivo di mettere a disposizione di tutti i segmenti della filiera e della Regione. Questi sono elementi informativi che consentano ai primi di negoziare sul prezzo con una migliore cognizione delle reali condizioni del mercato e del sistema produttivo regionale; e alla Regione di vigilare e avere finalmente a disposizione uno strumento idoneo alla definizione delle politiche di intervento più adeguate a favore del comparto”.

C’è una stima del peso del comparto agropastorale sull'economia della Sardegna, visto che il 7% del Pil si dice derivi dal turismo?

“In Sardegna il comparto agricolo e quello zootecnico assumono un valore che va oltre il mero dato percentuale di incidenza sul Pil. Si tratta comunque di un dato importante che consente di evidenziare la specificità regionale rispetto al resto dell’Italia.  La produzione primaria in Italia incide sul valore aggiunto per 2 punti percentuali circa, mentre in Sardegna è più che doppia.  Se si considera poi il valore della trasformazione e della distribuzione dei prodotti agricoli, che statisticamente sono contabilizzate nell’industria manifatturiera, il comparto agricolo e agroalimentare raggiunge circa il 5% del valore aggiunto regionale, un dato estremamente significativo.  Il numero delle imprese agricole e agroalimentari sarde assomma nel complesso a oltre 40mila.  Il comparto agropastorale e della zootecnia in generale rappresenta, sia in termini di valore che in termini di numerosità delle imprese, circa il 20-25% dell’agricoltura sarda nel suo complesso.  Ma i dati di per sé vengono limitati nella loro reale portata, se non si tiene conto del numero delle imprese agricole e agroalimentari sarde rispetto agli altri comparti. E, soprattutto della loro uniforme distribuzione sul territorio regionale.  La funzione delle imprese agricole e zootecniche sarde va letta e valutata non solo in termini di valore ma anche e soprattutto in quelli sociali e culturali, di conservazione e cura del paesaggio rurale sardo e di presidio del territorio, con le implicazioni che queste funzioni hanno sulla resistenza allo spopolamento, delle zone interne in particolare”.

Che tipo di interventi ci sono in programma?

“Gli interventi in programma sono quelli previsti dalla legge 22 del 23 luglio scorso. Tutto il Capo V è destinato a misure di sostegno a favore dell’agricoltura e dell’allevamento, oltreché della pesca, dell’acquacoltura, dell’ippica, degli agriturismi e così via. L’Assessorato ha già definito per alcune norme gli atti di esecuzione, penso ad esempio a quanto stabilito nell’articolo 24 per gli eventi atmosferici 2017, dove si prevede la compensazione del danno a tutte le imprese che hanno presentato domanda.  Per gli interventi di tipo creditizio e per le sovvenzioni dirette, l’Assessorato sta formulando un serie di proposte attuative che saranno nei prossimi giorni oggetto di apposito incontro con le organizzazioni agricole di categoria.  Gli interventi regionali, è da ricordare, si affiancano a quelli nazionali per la definizione dei quali gli uffici dell’Assessorato stanno svolgendo un ruolo attivo ed estremante importante”.



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I laboratori privati accreditati della Sardegna potranno eseguire il tampone oro/rino faringeo per l’individuazione del virus Sars-Cov-2 ai cittadini che ne faranno richiesta dietro prescrizione medica. Lo ha stabilito la Giunta regionale, che, nel corso dell’ultima seduta, ha approvato le linee di indirizzo che definiscono le procedure per l’individuazione delle strutture idonee all’esecuzione dei test e gli adempimenti a cui gli stessi laboratori dovranno attenersi. 
“Potenziamo il sistema di accertamento diagnostico sul nostro territorio a beneficio dei sardi”, dichiara il presidente della Regione, Christian Solinas. Già nel mese di maggio, ricorda il Presidente, la Regione aveva presentato in Conferenza Stato – Regioni la proposta per estendere ai laboratori privati l’esecuzione del test molecolare, a cui è poi seguita, ad agosto, una specifica richiesta al Ministero della Salute. “Nelle more di una risposta definitiva da Roma – precisa il Presidente – abbiamo deciso di intervenire e lo abbiamo fatto con criterio e buon senso. Il controllo della Sanità pubblica sull’attività diagnostica realizzata dai laboratori privati sarà preminente. Un servizio in più che sarà dato ai cittadini nella massima sicurezza". 
“Nel rispetto di quelle che sono le direttive finora emanate dal ministero – dichiara l’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu – abbiamo ritenuto opportuno dare la possibilità ai laboratori privati accreditati dalla Regione di svolgere un’attività al di fuori degli ordinari controlli della sanità pubblica, consentendo ai cittadini che non hanno i sintomi della malattia di sottoporsi autonomamente e volontariamente al test. Oltre a dare uno strumento di sicurezza in più utilizzabile da chiunque lo desideri, rispondiamo all’esigenza di tutte quelle persone che per particolari motivi, di lavoro o per spostamenti all’estero, necessitano di avere libero accesso ai tamponi”.
“Resta inalterato il ruolo cardine della sanità pubblica. Chiunque abbia il sospetto di essere entrato in contatto con un caso positivo – spiega Nieddu – o riscontri sintomi compatibili con il Covid, dovrà rivolgersi alle strutture pubbliche ed essere preso in carico da queste secondo le modalità previste e messe in campo sin dall’inizio dell’emergenza sanitaria”.
I laboratori privati che vorranno offrire il servizio di test molecolare con tampone dovranno fare specifica manifestazione di interesse alla Regione certificando i propri requisiti e avranno l’obbligo di comunicare dati ed eventuali positività riscontrate al sistema sanitario pubblico per consentire l’attivazione di tutte le misure necessarie alle indagini epidemiologiche e di prevenzione.
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“Questa riforma ha una portata storica: è studiata per riportare la governance della sanità pubblica sul territorio, vicino ai cittadini, con il supporto di figure manageriali che si impegneranno a tradurre i bisogni della collettività in servizi e assistenza efficienti. La riforma porterà ad un miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori sanitari e all’acquisto di beni e servizi con procedure semplificate e coerenti per ottimizzare risparmio ed efficienza. Superiamo un modello, fondato sull’Ats, che ha paralizzato il sistema sanitario regionale e la sua capacità di rispondere al bisogno d’assistenza dei sardi, affermando, nel contempo, la volontà di tornare a investire per riqualificare i presidi ospedalieri e realizzare nuove strutture, puntando a cure moderne e di qualità”. Lo dichiara il presidente Christian Solinas che esprime soddisfazione per l’approvazione, oggi in Consiglio, della legge di riforma del sistema sanitario regionale. “Abbiamo preso un impegno preciso con i cittadini e lo abbiamo onorato – prosegue il presidente – la riforma è il frutto di un percorso serio, ponderato e responsabile che guarda al futuro dei servizi nell’Isola e alle necessità del presente”.

Sul nuovo assetto, che porta alla suddivisione dell'azienda unica in otto Asl, Solinas precisa: “È una vittoria dei sardi. Il risultato raggiunto è stato possibile grazie alla capacità di fare sintesi di questa maggioranza, mantenendo fermi gli obiettivi”.

“Un passo decisivo – dichiara l’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu – nella direzione che abbiamo tracciato sin dall’inizio di questa legislatura. Restituiamo ai territori autonomia e allo stesso tempo, con l’istituzione dell'Ares, manterremo centralizzati quegli aspetti, come gli acquisti e la gestione del personale, che consentiranno di realizzare una spesa efficiente attraverso le economie di scala, a vantaggio di tutto il sistema regionale”.

“Abbiamo importanti sfide davanti a noi. L'emergenza Covid-19 – prosegue Nieddu – ha cambiato e sta cambiando il modo di concepire l'assistenza sanitaria in tutto il mondo. Puntiamo a un sistema moderno in cui sviluppare la telemedicina, potenziare le cure territoriali, realizzare integrazione socio-sanitaria e non solo. La riforma è la base solida di un progetto coraggioso, di ampio respiro che riporta al centro le nostre comunità e i loro bisogni”.

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La Giunta riavvia i cantieri di opere pubbliche incompiute con una robusta dotazione di risorse in favore delle imprese. L'esecutivo ha approvato la rimodulazione del Piano regionale delle Infrastrutture programmando in favore degli Enti locali risorse per 27.795.000 euro. A beneficiarne saranno 53 Comuni distribuiti in tutte le province della Sardegna (oltre al Consorzio bonifica del Nord Sardegna e all’Unione dei Comuni del Barigadu), le cui opere potranno finalmente uscire dagli elenchi delle cosiddette incompiute.

“Sono opere strategiche per la ripresa e lo sviluppo dei territori”, dice il Presidente della Regione Christian Solinas illustrando il provvedimento. “Con questo intervento - prosegue il Presidente - sosteniamo concretamente i Comuni nell’importante opera di ammodernamento che vede nella riqualificazione urbana e nella messa in sicurezza delle zone ad alta pericolosità le due principali linee d’azione. Liberando nuove risorse e mettendole a disposizione delle imprese attraverso gli Enti locali, salvaguardiamo inoltre - conclude il Presidente Solinas - i livelli occupazionali e sosteniamo lo sviluppo socio-economico dei nostri territori”.

Nello specifico, con la nuova rimodulazione di risorse, sono stati destinati alla realizzazione di opere incompiute 4.445.000 di euro, a cui si aggiungono 21.671.000 di euro destinati a opere cantierabili a breve, purché dotate di progettazione definitiva o esecutiva. Programmati anche 1.679.000 di euro per opere emergenziali la cui realizzazione riveste carattere di urgenza. Tre i settori interessati: l’edilizia, la viabilità e gli interventi legati al rischio idrogeologico.

“Vogliamo agire sulle leve fondamentali per lo sviluppo economico e sociale della Sardegna – spiega l’Assessore ai Lavori Pubblici Roberto Frongia –. L’edilizia e il mondo delle costruzioni in genere attraverso questa nuova iniezione di risorse potranno tornare a respirare grazie ai nuovi appalti dei Comuni che altrimenti non avrebbero avuto in bilancio gli spazi necessari per intervenire, ma voglio evidenziare come insieme alla creazione di nuovi posti di lavoro verrà soddisfatta la necessità di avere servizi adeguati da parte delle Comunità interessate”. Si tratta prevalentemente di infrastrutture che sarebbero già dovute essere al servizio dei cittadini e che ora i Comuni potranno realizzare in chiave di ammodernamento dei territori. Oltre alla riqualificazione di edifici ritenuti strategici e alle aree verdi, tra i progetti presentati figurano infatti interventi di messa a norma, sicurezza e completamento di opere strettamente legate ai cittadini quali scuole, asili nido, piscine, palestre e altri centri sportivi, case di riposo per anziani, mercati civici, oltre a strade interne ed esterne.

Insieme alle incompiute rivestono particolare importanza le opere emergenziali con carattere di urgenza i cui interventi sono ritenuti dagli stessi Enti locali ci competenza non più procrastinabili per la sicurezza dei territori. Sono compresi in questa ultima categoria tutti quegli interventi volti alla mitigazione del rischio idrogeologico e alla difesa del suolo in zone ad alta pericolosità.

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Ci sono i pensionamenti con quota 100. E non mancano i cronici buchi in  organico, come quelle che vengono registrate nel Corpo Forestale e di Vigilanza ambientale. "Le strutture organizzative regionali hanno rilevato la carenza di alcune specifiche elevate professionalità necessarie per l’espletamento delle attività di rispettiva competenza, nonché di qualificato personale di supporto operativo": questa la premesse centrale della bozza di delibera del "Piano triennale del fabbisogno di personale 2020 – 2022", che contiene la determinazione della capacità assunzionale della Regione Sardegna: il documento, proposto dall'assessore regionale agli Affari generali Valeria Satta, è stato sottoposto all'attenzione dei sindacati prima dell'approvazione in giunta. E contiene il dettaglio su costi e previsioni di ingressi di personale negli uffici dell'ente di governo della Sardegna. 

Le somme a disposizione, innanzitutto. Per il triennio fino al 2022 servirebbero - per assunzioni di dipendenti, dirigenti e personale del Cfva  - 36.507.463 euro. Più qualche centesimo. Ma, si legge nel documento, "A fronte della predetta capacità assunzionale, l’assessore fa presente che nell’attuale bilancio regionale 2020-2022 sono disponibili 8.238.541 di euro nel 2020,  23.526.063 nel 2021 e 25.318.905 per l'anno successivo. Emerge quindi che gli attuali stanziamenti di bilancio, "non consentono di disporre dell’intera capacità assunzionale, anche a causa delle spese impreviste dovute all’emergenza Covid-19 finanziate in parte con gli stanziamenti dedicati alle assunzioni. In particolare mancano 11.188.558 di euro". 

Ma di quanto personale di sta parlando? In teoria di dovrebbero programmare 800 assunzioni, ma "la copertura finanziaria a regime consente di coprire assunzioni effettive per 544 unità". Lo schema è il seguente. 

Si prevede l'ingresso nel comparto Regione di 29 dirigenti: 26 unità corrispondenti alle assunzioni già deliberate nei precedenti piani del fabbisogno, e cui procedure assunzionali vengono però ridefinite fermo restando il numero dei posti riservati alla mobilità e 3 aggiuntive, attraverso lo scorrimento di graduatorie di altri enti. 

Poi si prevedono altre assunzioni, secondo il seguente schema. 

A queste si aggiungono 36 assunzioni per il Corpo Forestale che, sottolinea l'esponente della Giunta Solinas, "presenta, ormai da anni, rilevanti carenze di personale in ciascuna delle aree funzionali, che si  ipercuotono negativamente nell’espletamento della funzione fondamentale della tutela del territorio nonché nell’attuazione della campagna antincendio. Tali carenze sono legate sia all’incremento delle mansioni sia alle sempre maggiori cessazioni dal servizio legate alle vigenti norme pensionistiche e all’età anagrafica del personale in servizio al quale occorrerebbe garantire adeguata e puntuale
sostituzione".

Si prevede inoltre l'internalizzazione di "4 unità di personale addetto alle attività di movimentazione e sistemaggio dei plichi, carteggi, faldoni ecc., compresa la consegna ed il ritiro della documentazione amministrativa, anche mediante la guida occasionale di autoveicoli, attualmente dipendente di società titolari di contratti di fornitura di servizi". 

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Nei giorni dell’emergenza COVID-19 riscopriamo il valore del servizio pubblico, il bene prezioso dei servizi pubblici e magari occorre ripensare i tagli e una visione di servizi pubblici analizzati solo con la lente dei costi e non invece come valore da preservare. In questo quadro di riflessione entra a buon titolo la riforma della Regione; un tema aperto e irrisolto che in questo inizio legislatura potrebbe vedere iniziative strutturali e non a spot, che le varie urgenze anche recenti richiedono.

Se funziona la Regione e le sue articolazioni, funziona la Sardegna, diventa veloce e dinamica e può rispondere al meglio ai vecchi e nuovi bisogni, che impongono istituzioni e organizzazioni pubbliche rinnovate e moderne. Negli ultimi anni affrontando il tema delle riforme emerge con chiarezza e cruda verità che la Regione, anche intesa come tecnostruttura, con tutte le sue articolazioni, è non solo da riformare profondamente ma anche da aprire maggiormente verso i cittadini, i territori e le imprese. Una Regione datata e chiusa nelle sue liturgie e procedure, con una lentezza burocratica che impone un nuovo modello istituzionale, organizzativo e del lavoro pubblico mortifica chi ci lavora e gli utenti. Ma resta non sciolto il nodo, da definire con maggiore chiarezza il ruolo politico/dirigente, il ruolo delle professioni al servizio dell’utenza, il rapporto centro/periferia.

Quest’ultimo è un punto nevralgico del modello che si deve rafforzare, proprio perché lo Stato e i suoi servizi arretrano e la Sardegna, con i suoi servizi e strutture, non può fare altrettanto, confermando uno schema centralistico che non può essere giustificato dalla spending review o dalle soluzioni digitali. La risorsa umana deve essere valore e motore della Regione che serve anche per reggere i tempi e per i ritmi europei. La spendita delle risorse deve essere velocizzata così come le procedure verso imprese e cittadini devono essere più agevoli.

L’Istituzione deve anche rivedere i suoi rapporti con lo Stato e l’Unione Europea; è positivo che il tema dell’insularità sia oggetto di mobilitazioni e proposte ma non basta. La fase Costituente messa da parte nelle due scorse legislature rappresenta una cornice necessaria da riprendere in mano, ma non con uno schema chiuso nel palazzo ma come partecipazione di popolo e delle forze sociali alla revisione del nostro Statuto. Sono queste le politiche regionali che vedono la Sardegna misurarsi con le altre regioni europee e con quelle mediterranee, vere e proprie praterie da percorrere velocemente e con dinamismo strategico in competizione con le altre regioni. La partecipazione del popolo e delle forze sociali al cambiamento e alle riforme è dunque un assioma fortunatamente passato nelle arterie del dibattito di tutta la società sarda, anche grazie a molteplici iniziative promosse o sostenute dalla Cisl sarda, che ha cercato di declinare il tema dell’autonomia, dell’autogoverno responsabile, dell’equilibrio territoriale, delle politiche sociali e di cittadinanza. Questo, non con una visione di galleggiamento autonomistico, o inspirato da radicalismi impercorribili, ma una vera e propria rivoluzione partecipativa e moderna, con una forte etica della responsabilità e un modello sussidiario, che non lasci i territori deboli ai margini (la forza demografica, economica, e politica potrebbe vedere in prospettiva diverse zone dell’Isola arretrare ancora).

Il modello organizzativo degli assessorati è datato; risale al 1977 e purtroppo l’urgenza di modificarlo è legata all’efficienza che non é coerente con altre P.A. e altre Regioni, che anni rimodulato competenze e deleghe secondo i nuovi bisogni. Ad esempio, un cittadino o un impresa, per una sola pratica regionale spesso deve fare il giro di diversi assessorati, che gestiscono ancora funzioni mischiate tra loro, da riordinare e unificare per argomenti e tematiche. Analogo discorso per quanto attiene alle agenzie regionali, che sono quasi tutte a vocazione centralistica e non invece a trazione territoriale e locale. Per dare nuovo vigore al sistema Regione serve anche una nuova stagione di concorsi pubblici, rimandati da tempo e ora quantomai necessari dopo gli effetti di quota cento e di un’età media molto alta. La Regione non si riforma forse anche per mancanza di coraggio o perché alla politica conviene che tutto rimanga così com’è. Un nodo irrisolto che può costare caro ai sardi, che hanno bisogno di una Istituzione e Organizzazione moderna e innovata.

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