Martedì, 27 Febbraio 2024 15:13

Arnas Brotzu, in ricordo di Alessandro Ricchi e del suo team In evidenza

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Una fase della messa in ricordo dei medici scomparsi nel 2004 Una fase della messa in ricordo dei medici scomparsi nel 2004

 

La commemorazione dell’Azienda ospedaliera per i vent’anni da una delle più grandi tragedie della cardiochirurgia e della medicina 

Mario Frongia

Quella sensazione che non lascia scampo. E inchioda al ricordo, alla memoria, al riguardo. Sono trascorsi vent’anni da un lutto impossibile da digerire. Eppure, pare ieri. Anche a quanti conoscevano nulla o poco le vittime. Ma quello che è accaduto alle prime luci dell’alba del 24 febbraio del 2004, è e rimarrà una voragine di dolore. E non solo per i familiari, i colleghi, gli amici. Alessandro Ricchi, Alberto Carta e Giam Marco Pinna, direttore, specialista e perfusionista della cardiochirurgia del Brotzu, si schiantano su a Punta Baccu malu, monte Cresia, catena de Sette fratelli. Sono originari di Reggio Emilia, Ghilarza e Sassari, hanno 52, 36 e 47 anni. Sul Cessna 500, che da sempre veniva noleggiato per trasportare gli organi da impiantare, ci sono i piloti austriaci Helmut Zullner, Thomas Giacomuzzi e Daniele Giacobbe, messinese, 35 anni, in volo di perfezionamento. La tragedia è enorme. E tuttora scuote gli animi. I tre erano in rientro da Roma. Avevano prelevato al San Camillo-Forlanini il cuore di una quarantaquattrenne da impiantare su un paziente dell’ospedale Brotzu. Le cronache ricordano che l’organo era diretto inizialmente a Catania ma le condizioni del malato si erano aggravate. Da qui, l’offerta ai medici cagliaritani. La chiamata del Forlanini arriva a Cagliari alle 23.50 di lunedì 23 febbraio. Al Brotzu la macchina si attiva. Dopo dieci ore di consueta sala operatoria, Ricchi e Carta sono sul pezzo. Quando si dice il destino: non sarebbero dovuti partire, ma avevano dato il cambio a dei colleghi. Tutto fila liscio. Nella capitale viene eseguito l’espianto del cuore. Intorno, alle 5 il velivolo riparte da Ciampino. Al rientro, intorno alle 5.45 si registra l’ultima comunicazione alla torre di controllo: abbiamo iniziato la discesa di avvicinamento.. Ma nei minuti successivi il Cessna esce dai radar dello scalo di Decimomannu. I controllori di volo lanciano l’allarme, i soccorsi sono tempestivi. Il resto è dolore e sangue. Un elicottero del Sar (Search and rescue, Aeronautica militare) individua il relitto. Ed è una squadra del Soccorso alpino a ritrovare la carcassa del velivolo. E quel che rimane delle vittime: “L’aereo nell’impatto con il costone roccioso è esploso. Tanto è stato violento l’impatto che il cuore da impiantare è inutilizzabile” la sintesi del Corriere della sera. Viene aperta un’inchiesta. L'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo (Ansv) apre un'inchiesta sull'incidente: si appura che l’aereo volasse a una quota troppo bassa e che ci fosse scarsa visibilità.

Ricordo e donazione. “I nostri colleghi sono morti sul lavoro per dare la vita a chi sta per perderla. La medicina - dice Agnese Foddis, direttore generale dell’Arnas - ha questi grandi esempi. E il dono degli organi è segno di enorme generosità”. La voce che si fa rocca. Ma nella cappella dell’ospedale lo sconforto è palese. La messa celebrata da don Marcello, poi, a seguire, le testimonianze di quell’orribile martedì. Occhi lucidi e amarezza segnano la cerimonia. “Nel 2004 ero alla Asl 7 di Carbonia. La notizia ci fece sprofondare in una tristezza tremenda. Tutti conoscevano la cardiochirurgia del Brotzu, un’eccellenza, ieri e oggi” aggiunge la dottoressa Foddis. “Fui chiamato alle sei del mattino: in ospedale c’erano tanti cantieri aperti, pensai a un infortunio. Poi, mi spiegarono. E tutto non è più stato come prima. Sandro guidava un’équipe di valore: è stata - rimarca Franco Meloni, allora manager del Brotzu - la pagina più nera della cardiochirurgia. Abbiamo perso medici straordinari, persone amabili sotto tutti i punti vi dista”. La sala “Atza” applaude. Per il direttore sanitario Raimondo Pinna “quello è stato il nostro 11 settembre. Il patrimonio specialistico e umano avuto in eredità da Sandro, Antonio e Gian Marco, è immenso. Con un insegnamento: credere nel proprio agire sempre per fare del bene al prossimo”. In prima fila, amici e colleghi annuiscono. Tra questi, Emilio Floris, cardiologo, Antonio Manti, capo del Centro trapianti, Ennio Filigheddu, direttore amministrativo, Carlo Carcassi, genetista, Gianni Cossu, neurologo, Emilio Montaldo, presidente Ordine dei medici, Roberto Demontis, medico legale. Volti affranti. La cronaca ricorda che Nel 2004 il presidente della Giunta regionale era Mauro Pili, Ivan Capelli era subentrato a Giorgio Oppi all’assessorato alla Sanità, il ministro competente era Girolamo Sirchia mentre alla guida di Cagliari c’era Emilio Floris. Frammenti di storia. Politica, sanitaria e clinica. A segnare i tempi arriva la commemorazione di Valentino Martelli. Il cardiochirurgo è stato tutor e maestro di Alessandro Ricchi. “Venne a Londra, era specializzato in endocrinologia. Mi raccontò di aver fatto anche il medico di famiglia. Un giorno mi chiese di poter seguire un mio intervento. Poco dopo mi disse che avrebbe voluto fare trapianti”. Il decano dei cardiochirurghi italiani, a lungo nella capitale inglese in tandem con Donald Ross, luminare della materia, fa una pausa. L’emozione è palpabile. “Qualche anno dopo arrivai al Brotzu per dirigere il Dipartimento cuore. Lo chiamai e lo inviai un anno a Londra. Quando tornò capii di aver vinto la scommessa: avevo al fianco un collega di alto pregio medico e umano”.

Umiltà e tolleranza. In un’intervista del 1997 al Bollettino dell’Ordine dei medici della provincia di Cagliari, Sandro Ricchi, anche da figlio di medico, richiama alcuni valori chiave della professione: “L’umiltà è poco diffusa in sala operatoria. E in generale, credo nella lealtà, nell’onestà e nella tolleranza”. All’Arnas è un sabato in salita. La platea sussulta alle slide - realizzate dallo staff di comunicazione dell’Azienda ospedaliera con Stefania Frigau e Rita Loffredo - che riproducono immagini, foto e titoli dei giornali. “Sound of silence” di Simon&Garfunkel va in sottofondo. L’atmosfera è carica di mestizia. Il disastro ha scossoe il Paese. I media in quei giorni celebrano “gli eroi del Brotzu”. Ugo Storelli nel 2004 è alla guida del Centro trapianti: “Sandro? Aveva una marcia in più. Quella sera era come tante: quando dal San Camillo ci comunicano del cuore disponibile, ho informato subito la cardiochirurgia. Non potrò mai scordare le prime ore del giorno seguente: avevo il telefono staccato, lo riaccesi intorno alle 8: c’erano decine di chiamate!”. Le parole si smorzano. Il ricordo è toccante. “Sento spesso la signora Palmira, mamma di Antonio: è distrutta dal dolore come se l’incidente fosse di poche ore fa” aggiunge il dottor Storelli. Emiliano Cirio è stato allievo di Sandro Ricchi. Ed è l’attuale responsabile della cardiochirurgia dell’Arnas. Lo specialista parla lentamente, pesa vocaboli e tono. L’intervento lo scuote. “Sono arrivato qui e ho incontrato Sandro. Persona e collega squisita. Sì, abbiamo perso colleghi eccezionali, capisaldi del Progetto cuore. Un percorso che necessita di risorse, energie e coraggio. Proprio nel ricordo del loro sacrificio dobbiamo proseguire e avere quel che serve per tenere alta la qualità, i trapianti e l’assistenza”. La direttrice annuisce. Le difficoltà di gestione, tra medici che, specie in sala operatoria, non ci sono o scappano appena possono, sono enormi. La sala Atza rivela e annoda anche un’agenda fitta di commemorazioni. Tra queste, brilla il motoraduno curato da Paolo Manca, cardiochirurgo amico di Antonio Carta. Il giro del Guilcier, nel cuore dell'Oristanese, è una sorta di rito laico: “Facciamo una passeggiata in moto, scooter e motorini. Antonio amava le auto d’epoca ma era complicato metter su un raduno. Con le due ruote ci riusciamo e lo ricordiamo con un giro nella sua zona. Siamo certi che gli sarebbe piaciuto”.  Applausi. In sala c’è anche un altro cardiochirurgo legato a Sandro e Antonio, Giovanni Lixi: il volto sfinito svela più di mille parole. Il clima della sala, quella sala operatoria!, lo riaccende Anna Oggiano. La signora, ferrista di quel dream team, legge una poesia di Paolo Deriu  dedicata alle vittime della tragedia di Monte Cresia. Una ferita che sanguina. Giuseppina Lorenzoni, presidente Associazione sarda trapianti, cita un passo di Giuseppe Maccioni, trapiantato dal dottor Ricchi: la rima “sorriso-paradiso” coglie l’attimo. In chiusura, Agnese Foddis scopre una targa che andrà nella hall del Brotzu. Riporta una frase di Sant’Agostino tratta dalle Confessioni. All'ingresso, un Libro bianco viene vergato dai pensieri di chi ha conosciuto le vittime. Il silenzio è feroce e violento. Quasi quanto la voragine tuttora profondissima lasciata da Sandro, Antonio e Gian Marco.

Ultima modifica il Martedì, 27 Febbraio 2024 15:30