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Più posti a disposizione per gli studenti che vogliono iscriversi alle facoltà di Medicina delle Università di Cagliari e Sassari e nuove regole per l’individuazione delle sedi carenti della medicina generale, per contrastare, con un intervento a livello nazionale, la carenza di medici di base negli ambiti territoriali più svantaggiati, al di fuori dei grandi centri urbani. Sono questi i temi su cui si articolano le proposte che l’assessore regionale della Sanità, Carlo Doria, ha messo sul tavolo del Ministero della Salute. Due, in sintesi, le richieste avanzate: la prima riguarda l’autorizzazione all’aumento di circa un terzo per almeno un triennio, dei posti disponibili per l’immatricolazione ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia nei due atenei della Sardegna, mentre la seconda riguarda l’avvio di una contrattazione a livello nazionale per la modifica del parametro attualmente in uso per l’individuazione delle sedi carenti della medicina generale e la loro messa a bando, da un medico ogni 1.000 abitanti a uno ogni 1.200 per gli ambiti urbani con una popolazione sopra i 20 mila abitanti, mantenendo invece il rapporto medico/popolazione invariato per gli ambiti con meno abitanti.

“La problematica correlata alla carenza dei medici di medicina generale in molti dei territori al di fuori dei grandi centri urbani è comune a tutta Italia e ha origini lontane, a partire da una mancata programmazione del turnover con un netto squilibrio fra pensionamenti ed ingressi nel sistema sanitario nazionale. In quest’ottica si inquadra un antistorico numero programmato negli accessi al corso di laurea in Medicina e Chirurgia”, spiega l’assessore Doria.

“Questo squilibrio, reso più evidente dai numerosi pensionamenti del personale medico negli ultimi anni rispetto ai nuovi ingressi, ha mostrato – sottolinea l’esponente della Giunta Solinas – l’estrema vulnerabilità soprattutto sul versante sanitario territoriale con ampie fasce della popolazione, specie nelle aree periferiche, attualmente private dalla presenza del medico di medicina generale, ma anche, talvolta, del pediatra di libera scelta”.

In questo quadro, spiega l’assessore Doria, il rapporto di un medico ogni 1.000 abitanti, che definisce l’attuale distribuzione delle sedi carenti di medicina generale da bandire non è più adeguato a dare risposte ai territori: “Per poter comprendere meglio cosa non funziona e ciò su cui stiamo intervenendo è bene conoscere i numeri in gioco: oggi in Sardegna i medici titolari di sede sono 979 (dato al 31 gennaio 2023). A questi si sommano circa 200 medici che oggi hanno i titoli per partecipare al prossimo bando di assegnazione delle sedi carenti di medicina generale, 418 in tutta la Sardegna. Se ciascuno degli oltre 1.100 medici di medicina generale fosse massimalista, cioè avesse in carico 1.500 pazienti, le persone assistite sarebbero 1.650.000, più del numero di adulti presenti in Sardegna”.

“Tuttavia – dichiara l’assessore – l’attuale distribuzione delle sedi della medicina generale, secondo il parametro di un medico ogni mille abitanti, determina uno squilibrio con una concentrazione dei medici nei grandi centri urbani, più richiesti, mentre nelle sedi periferiche si registrano le carenze più forti. La modifica del parametro comporterebbe una leggera diminuzione delle sedi disponibili nelle aree metropolitane, che comunque continuerebbero a essere coperte in modo soddisfacente, a vantaggio degli ambiti più periferici”

Sul rapporto medico/abitanti attualmente in uso l’esponente della Giunta precisa: “In passato, quando il numero di medici di medicina generale era maggiore, poteva essere considerata una condizione adeguata, ma allo stato attuale, avendo perso in Sardegna circa un terzo dei medici di medicina generale rispetto a dieci anni fa, ci ritroviamo con un parametro che finisce per favorire inevitabilmente i grandi centri urbani, più ambiti e assegnati, senza aver poi a disposizione risorse in grado di rispondere  alle necessità dei territori periferici. È come se si volesse combattere questa nuova battaglia con le regole d’ingaggio di ieri quando avevamo un esercito più numeroso”.

“Nelle more di un provvedimento nazionale, la Regione – dichiara l’assessore Doria – ha avviato con i sindacati dei medici di medicina generale una trattativa per la modifica del parametro per l’individuazione delle sedi, proponendo la soluzione di un medico ogni 1.200 abitanti, da applicare solo negli ambiti sopra i 16 mila abitanti, ma, oggi questa soluzione non ha incontrato il favore di tutte le sigle sindacali e, nonostante una prima intesa, ieri durante l’ultimo incontro alcune rappresentanze non hanno sottoscritto l’accordo”.

“Se vogliamo rispondere alle necessità attuali serve l’impegno di tutti. In un’ottica di riorganizzazione della sanità territoriale, come anche sancito dal DM 77, nella finanziaria recentemente licenziata dal Consiglio Regionale, abbiamo previsto nel triennio 2023-2025 lo stanziamento di 3 milioni annui per l’attivazione delle UCA (Unità Continuità Assistenziale), che parteciperanno a sostenere le attività dei medici di medicina generale, e di 50 milioni nel triennio 2023-2025 da investire nel Ruolo Unico di Medicina Generale a ciclo di scelte e a ciclo orario previa una rapida contrattazione sindacale del nuovo accordo integrativo regionale (AIR) che rappresenta lo strumento con cui incentivare il personale sanitario per ridisegnare la nuova sanità territoriale ivi compresa l’attuale continuità assistenziale che deve rappresentare un filtro sicuro territoriale per tutte quelle patologie inquadrabili nei codici verdi e bianchi che oggi invadono i nostri pronto soccorso”, conclude l’assessore Doria. 

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Realizzare un nuovo assetto dei Plus della Sardegna per rafforzare la capacità di programmazione e di spesa delle risorse disponibili sui progetti e le misure a favore dei cittadini. Questo il tema sul quale si è svolto, oggi, l’incontro tra l’assessore regionale dell’Igiene e Sanità e dell’Assistenza sociale, Carlo Doria, e i sindaci e rappresentanti dei Comuni capofila dei ventiquattro Plus dell’Isola. “Un’occasione – dichiara l’assessore Doria – per discutere delle criticità e delle possibili soluzioni da mettere in campo. Abbiamo davanti sfide importanti. Ricordo che attraverso i Plus vengono gestite misure di grande rilevanza sociale con ingenti risorse nazionali e regionali, si pensi ad esempio al programma Ritornare a casa, a favore delle persone con disabilità gravissima, per il quale solo nel 2022 sono stati impiegati oltre 36 milioni di euro”.

“Tra i problemi rappresentati dai sindaci – precisa l’assessore Doria – ne abbiamo individuato due in particolare. Il primo è di carattere tecnico: quando vengono stanziate le risorse a favore dei Plus queste si agganciano ai bilanci del Comune capofila con ciò che comporta in termini di vincoli e limitazioni alla spesa, un meccanismo non sempre agile, con inevitabili ricadute su tutti i Comuni che appartengono allo stesso ambito. Il secondo tema riguarda l’estrema precarietà del personale che lavora negli Uffici di Piano, anch’esso legato ai Comuni capofila e ai relativi limiti in termini di assunzioni, con il rischio per il Plus di perdere per strada un prezioso bagaglio di competenze maturate. Entrambe queste criticità hanno radici lontane, in particolare dal 2011, con la Legge sulla spending-review che ha posto vincoli molto stringenti agli Enti Locali, sia in termini di spesa, sia per ciò che attiene il turnover del personale. Oggi, però, poter dedicare personale qualificato e dare continuità all’azione amministrativa dei Plus è strategico per le attività svolte e i servizi a favore dei cittadini”.

“Nel confronto di oggi – spiega l’assessore Doria – abbiamo indicato due strade. Una prima risposta potrebbe arrivare con l’approvazione del collegato alla Finanziaria, che verrà discusso entro un mese, con il quale proporremo una programmazione pluriennale delle risorse destinate ai Plus. Un aspetto che attenuerebbe di molto le criticità. La seconda è una soluzione strutturale e riguarda la possibilità, nei limiti di quanto previsto dalla legge, di attribuire ai Plus personalità giuridica e quindi autonomia rispetto ai Comuni capofila, aspetto che renderebbe più snello l’impiego delle risorse, superando allo stesso tempo i problemi legati al reclutamento del personale”.

“Per definire queste soluzioni a breve avvieremo con i Comuni capofila dei Plus, l’Anci e il Cal un tavolo di coordinamento al quale lavoreremo per dare nei tempi più brevi una risposta concreta ai territori e quindi ai cittadini”, conclude l’assessore Doria

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Via al richiamo della vaccinazione anti-Covid-19 (terza dose) per tutti i bambini nella fascia d’età dai 5 agli 11 anni. Il Ministero della Salute, con la circolare del 13 gennaio, ha esteso la campagna di vaccinazione ai più piccoli raccomandando la somministrazione della formulazione bivalente (ceppo originale e variante Omicron) ai soggetti che presentino condizioni di fragilità tali da esporli allo sviluppo delle forme più severe di infezione.

In Sardegna le vaccinazioni saranno somministrate presso gli hub vaccinali ancora attivi, presso i Servizi di igiene e sanità pubblica e dai pediatri di libera scelta che hanno aderito all’accordo regionale. I pazienti fragili potranno essere vaccinati presso le strutture aziendali che li hanno in carico.

Da mercoledì 25 gennaio saranno attive le prenotazioni, secondo le modalità già note: on line dal sito dedicato, attraverso gli Atm degli uffici postali, tramite il Call Center 800 009966 (attivo tutti i giorni dalle 8 alle 20) e tramite i portalettere.

La procedura di prenotazione consente di scegliere il punto di vaccinazione tra quelli disponibili. Ciascuna Asl potrà prevedere l’accesso alla vaccinazione previa prenotazione, ma la somministrazione del vaccino sarà comunque assicurata a tutte le persone che si recheranno al centro vaccinale anche senza prenotazione. 

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"Il vero problema che interessa davvero i sardi è quello del pessimo funzionamento del sistema sanitario ed il Consiglio regionale deve occuparsene immediatamente, come chiediamo da giugno”. Lo ha dichiarato il consigliere regionale di Leu Eugenio Lai, illustrando il contenuto di una mozione sottoscritta da tutti i gruppi di opposizione.

La nostra richiesta, ha proseguito, riguarda soprattutto due punti: il preoccupante aumento dei contagi che non corrisponde al potenziamento dei posti di terapia intensiva negli ospedali (Is Mirrionis e Santissima Trinità di Cagliari, San Francesco di Nuoro ed altri) e l’allungamento delle liste d’attesa per le visite specialistiche ed ambulatoriali, che ogni Cup della Sardegna fissa da oggi ai prossimi 8-12 mesi. Dati gravissimi, ha concluso l’esponente di Leu, che secondo noi dimostrano, a differenza di quanto afferma l’assessore Nieddu purtroppo impegnato solo a polemizzare con i Sindaci, “che la situazione del sistema sanitario regionale non è, come dice lui, sotto controllo ma fuori controllo”.

La sanità sarda attraversa una crisi profonda, ha poi affermato il capogruppo del Pd Gianfranco Ganau, perché non riesce a fare fronte né alla domanda di salute territoriale né a quella collegata all’emergenza Covid. In quest’ultimo caso, ha spiegato, “registriamo un dato molto alto dei ricoveri che segnala la pressione crescente che grava sugli ospedali ed evidenzia le carenze delle strutture di terapia intensiva, dove nonostante la recente disponibilità di 90 ventilatori inviati dal Governo ne sono entrati in funzione appena 20”. Così come, ha aggiunto, “il sistema appare troppo lento sui tamponi, sia in termini quantitativi che nel processare quelli effettuati”. Dal punto di vista della sanità territoriale, ha detto infine il capogruppo del Pd, “i vuoti di organico nella medicina di base e di alcune specialità come la pediatria rappresentano elementi di grande preoccupazione per la tenuta del sistema, che la maggioranza ha voluto sottoporre ad un ulteriore stress con una riforma del tutto intempestiva che, di fatto, moltiplica i problemi e le difficoltà”.

Secondo il capogruppo dei Progressisti Francesco Agus, “è evidente che l’assessore Nieddu non è il grado di gestire questo delicatissimo momento della sanità sarda, o comunque non è in grado di farlo da solo”. Non vogliamo usare la pandemia “contro” qualcuno, ha assicurato Agus, ma chiediamo di invertire le priorità. Non parlare di posti da spartire come fa la maggioranza, ma di emergenze vere: la saturazione dei posti Covid in alcune grandi strutture come il Santissima Trinità di Cagliari, con dimissioni affrettate di pazienti positivi e trasferimenti di reparti improvvisati, e la diffusione dei contagi nel mondo giovanile contro la quale non è stato fatto niente.

Questo governo regionale, ha esordito la capogruppo del M5S Desirè Manca, “è oggi un simbolo dell’antidemocrazia ed anche i gruppi di maggioranza in Consiglio sono responsabili di una scelta inqualificabile che antepone ai drammatici problemi della salute e della vita dei sardi questioni oggi del tutto secondarie come i debiti fuori bilancio ed il riconoscimento del paesaggio sardo come patrimonio dell’Unesco”.

Dure critiche alla maggioranza anche dal consigliere dei Progressisti Massimo Zedda che, sempre in materia sanitaria, ha ricordato fra l’altro il blocco del Disegno di legge 127 che, dal mese di aprile, prevede lo stanziamento di importanti risorse per i pazienti più fragili assistiti dalla legge 162 e dal progetto “Ritornare a casa”- Col risultato, ha lamentato, che i servizi sociali di molti Comuni stanno rifiutando le richieste degli assegni di accompagnamento destinati alle famiglie. “Non siamo ancora alla seconda ondata del virus”, ha avvertito in conclusione Zedda, “che però arriverà forse insieme all’influenza e dobbiamo prepararci ad affrontare un momento quanto mai critico di circa 6 mesi”.

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La Sardegna sta affrontando un periodo difficile a causa della diffusione dei casi di Covid 19. Tanti, forse troppi ,  i disagi nel settore della sanità: dalle lunghissime liste d’attesa alla carenza di posti letto negli ospedali sardi.  “Stiamo pagando le conseguenze degli arrivi dei turisti di Ferragosto”, afferma Stefano Schirru, consigliere regionale del Psd’Az e componente della commissione Sanità.  Secondo Schirru se il Governo non avesse impugnato l’ordinanza di Christian Solinas - che imponeva test Covid obbligatori per chiunque arrivasse nell’Isola - non avremmo avuto tutti i contagi che si sono verificati nel periodo estivo. “Purtroppo siamo nelle mani di un governo composto da persone inadeguate, incapaci e incompetenti”, accusa duramente. 

Schirru esprime il suo parere anche sulla riforma sanitaria. “Non è una spartizione di poltrone. Prima c’era un'unica struttura governata da un uomo solo al comando e c’erano altre 8 sub-strutture con altri sub-commissari. Oggi, invece, stiamo dando personalità giuridica alle singole Asl e ci sarà un maggior controllo”. E, assicura che la riforma inciderà anche sulle liste d’attesa: “Stiamo stanziando maggiori risorse per smaltirle”. 

Partiamo dal Covid. Cosa ne pensa dell’ordinanza riguardo i test obbligatori impugnata dal governo?

“Credo che il Governo abbia fatto una scelta scellerata perché è dimostrato che se noi avessimo assunto questa decisione prima del lockdown, quando l’ha chiesta il presidente Solinas e il governo invece ha impugnato questa decisione, noi non avremmo avuto tutti i contagi che si sono verificati nel periodo estivo e di cui stiamo ancora pagando le conseguenze”.

Solinas cercava di trovare un rimedio ai contagi estivi con il provvedimento emanato a settembre?

“Assolutamente. Il presidente Solinas ha cercato di fare l’interesse dei sardi e della Sardegna”. 

Quale è la sua opinione sull’atteggiamento del Governo e in difesa di Solinas?                                                                  

“Purtroppo siamo nelle mani di un Governo composto da persone inadeguate, incapaci e incompetenti. Che non hanno percepito invece che l’iniziativa del presidente Solinas era volta a tutelare non solo i sardi, ma anche i turisti che volevano venire nell’isola per trovare una zona Covid free.  Vorrei ricordare anche che la Regione Sardegna per un lungo periodo ha registrato il più basso indice Rt di Italia.  Purtroppo il Governo ha affrontato in maniera errata la vicenda del Covid, perché anche durante il lockdown ha considerato l’Italia un territorio unico senza alcuna suddivisione. Questo a parer mio è stato sbagliato, nel senso che le zone più colpite non potevano essere considerate alla stregua delle regioni meno colpite o di quelle con un indice Rt molto basso. Quando noi avevamo un indice di contagio sotto lo 0.5, altre regioni invece registravano un indice superiore all’1, a quel punto abbiamo avuto gli stessi trattamenti delle altre regioni. Stiamo ancora pagando le conseguenze degli arrivi dei turisti di Ferragosto”.  

Parliamo della sanità. Sono tante le segnalazioni dei pazienti che hanno avuto disagi a causa delle attuali restrizioni previste con il Covid...

“Noi abbiamo cercato di governare l’emergenza, abbiamo potuto constatare che tutto il personale sanitario è stato all’altezza della situazione e ha gestito bene il periodo emergenziale.  I disagi purtroppo sono stati inevitabili perché si sono dovuti limitare gli accessi nelle strutture ospedaliere, andando ad allungare le liste d’attesa.  Questo è inevitabile perché tutto l’ordinario è stato sospeso e si è puntato solo agli aspetti urgenti e straordinari.  Si è dovuta garantire la straordinarietà e non l’ordinarietà.  Questo è derivato anche da scelte del governo nazionale perché col decreto che chiudeva praticamente l’Italia andava anche a inserirsi in questioni come quelle degli ospedali della funzionalità delle strutture”. 

Nello specifico?

“Tutte gli interventi programmati nella chirurgia sono stati sospesi, per dire. Così come tutte le visite programmate e gli esami. Per questo si interveniva unicamente per questioni irrimandabili e urgenti”.

Riforma sanitaria. Si torna alle 8 Asl, l'opposizione parla di spartizione di poltrone. In che modo la riforma dovrebbe migliorare il servizio? 

“Non è una spartizione di poltrone. Mentre prima c’era un'unica struttura governata da un uomo solo al comando e c’erano altre 8 sub-strutture con altri sub-commissari. Oggi, invece, stiamo dando personalità giuridica alle singole Asl. I territori avranno come riferimento una determinata Asl e quando andrà male qualcosa nel singolo territorio ci sarà per forza un responsabile, ci sarà più capacità di monitorare le determinate situazioni. Quindi se dovesse capitare qualcosa su Bosa, su Sassari o su Olbia questo non andrà a discapito dell’Iglesiente o dell’Ogliastra o dell’Oristanese e via dicendo. Ci sarà un maggiore controllo e una maggiore vicinanza con il territorio”. 

Inciderà anche sulle liste d’attesa? 

“Le liste d’attesa si sono incrementate unicamente per il blocco durante il lockdown.  Tuttavia stiamo stanziando maggiori risorse per accelerare le liste d’attesa soprattutto in collaborazione con quei privati che erogano un servizio convenzionato con il nostro sistema sanitario”. 

Al Microcitemico sono tante le proteste per il ritorno alla Asl, dopo che cinque anni fa era stata lasciata per entrare a far parte del Brotzu: cosa risponde davanti alle preoccupazioni? 

“Questo è un aspetto secondario, l’importante è che vengano garantiti i servizi e che vengano potenziati anche tutti quegli aspetti che vanno a dare un servizio ai cittadini. Noi abbiamo provveduto allo scorporo e alla scissione per garantire un servizio più efficiente”. 

Quali sono i punti forti di questa Giunta regionale e quali, invece, sono i settori nei quali è necessario un intervento più incisivo ora che è “superata” la paralisi del Covid?

“Parlando dei punti forti della Giunta, possiamo dire che è molto vicina al territorio, capisce le necessità, le esigenze, capisce gli umori e i malumori delle persone. È una Giunta composta da persone normali, che conducono una vita normale e che vogliono garantire alla popolazione sarda e alla regione Sardegna una qualità delle proprie risposte alle necessità della gente. Necessitano, invece, un intervento più incisivo tutti quei settori che non dipendono unicamente dalla Regione ma in cui ci sono le intromissioni dello Stato. Per esempio sulla continuità territoriale il problema non può essere affrontato solo dalla regione Sardegna, ma abbiamo necessità che degli organi sovraordinati quali i ministeri, il Governo e anche la Commissione europea svolgano il loro ruolo”. 

 

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“Questa riforma ha una portata storica: è studiata per riportare la governance della sanità pubblica sul territorio, vicino ai cittadini, con il supporto di figure manageriali che si impegneranno a tradurre i bisogni della collettività in servizi e assistenza efficienti. La riforma porterà ad un miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori sanitari e all’acquisto di beni e servizi con procedure semplificate e coerenti per ottimizzare risparmio ed efficienza. Superiamo un modello, fondato sull’Ats, che ha paralizzato il sistema sanitario regionale e la sua capacità di rispondere al bisogno d’assistenza dei sardi, affermando, nel contempo, la volontà di tornare a investire per riqualificare i presidi ospedalieri e realizzare nuove strutture, puntando a cure moderne e di qualità”. Lo dichiara il presidente Christian Solinas che esprime soddisfazione per l’approvazione, oggi in Consiglio, della legge di riforma del sistema sanitario regionale. “Abbiamo preso un impegno preciso con i cittadini e lo abbiamo onorato – prosegue il presidente – la riforma è il frutto di un percorso serio, ponderato e responsabile che guarda al futuro dei servizi nell’Isola e alle necessità del presente”.

Sul nuovo assetto, che porta alla suddivisione dell'azienda unica in otto Asl, Solinas precisa: “È una vittoria dei sardi. Il risultato raggiunto è stato possibile grazie alla capacità di fare sintesi di questa maggioranza, mantenendo fermi gli obiettivi”.

“Un passo decisivo – dichiara l’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu – nella direzione che abbiamo tracciato sin dall’inizio di questa legislatura. Restituiamo ai territori autonomia e allo stesso tempo, con l’istituzione dell'Ares, manterremo centralizzati quegli aspetti, come gli acquisti e la gestione del personale, che consentiranno di realizzare una spesa efficiente attraverso le economie di scala, a vantaggio di tutto il sistema regionale”.

“Abbiamo importanti sfide davanti a noi. L'emergenza Covid-19 – prosegue Nieddu – ha cambiato e sta cambiando il modo di concepire l'assistenza sanitaria in tutto il mondo. Puntiamo a un sistema moderno in cui sviluppare la telemedicina, potenziare le cure territoriali, realizzare integrazione socio-sanitaria e non solo. La riforma è la base solida di un progetto coraggioso, di ampio respiro che riporta al centro le nostre comunità e i loro bisogni”.

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