La sconfitta con il Bologna, l’appannamento di alcuni dei protagonisti, la prossima trasferta a Roma e la successiva gara con il Milan alla Domus, non possono lasciare tranquilla la tifoseria
Mario Frongia
L’ottovolante ha ripreso a girare. Dopo la brusca frenata di Udine, ecco il tamponamento della Domus con il Bologna. Il Cagliari che “prende due gol strani, abbiamo fatto quello che volevo” per dirla con le parole benevole di Davide Nicola, è ancora da decifrare. E la sintesi non può essere benevola. Senza gettare bambino e acqua sporca, la sconfitta interna, due gol secchi come in Friuli, pesa eccome. Pesa per come è maturata, avvio convincente durato un quarto d’ora scarso con la squadra di Vincenzo Italiano che su zampata di Piccoli quasi genera l’autogol di Lucumi con deviazione di Skorupski. Pesa per la classifica, in attesa delle aktre e con il Lecce che ha battuto il Verona e ha ribadito un classico della lotta salvezza: i pareggini servono. La mentalità per ottenerli, giusto per non perdere, pure. Cosa che i rossoblù non sono riusciti a portare a casa nelle ultime due gare. E siamo all’asticella citata dal tecnico rossoblù dopo il pari con la Juventus. Forse, aver detto dopo il trittico Parma-Juve-Torino che era già alta non ha giovato. Forse. Ma quel che pesa ed è stato avvertito anche dal pubblico della Domus è che la qualità è rimasta modesta. E l’aver avuto il “coraggio” di schierare assieme Viola e Gaetano dal via, non ha pagato. Non solo perché i due a tratti si sono pestati i piedi. Ma perché entrambi hanno offerto poco dal punto di vista della qualità delle giocate e del ritmo. Quasi niente sul fronte del filtro e dei raddoppi sugli avversari. E questo in A, alla fine si paga.
Qualità cercasi. Premessa d’obbligo sul Bologna. Sarà stato pure “allenato” a giocare bene da Thiago Motta. Italiano è ripartito, senza i big, con un telaio collaudato. Ma veniva da un percorso accidentato e asfittico con 9 punti, come il Cagliari. Davide Nicola con un undici propositivo puntava a mettere i felsinei spalle al muro, sapendo che lasciar loro il pallino avrebbe significato soffrire per fisicità, concretezza, tecnica individuale, manovra collaudata. E individualità: nei faccia a faccia (Obert-Orsolini, Zappa-Ndoye, Marin-Moro, Prati-Freuler) si sono salvati in pochi. Neanche l’esperto Palomino su Odgaard ha alzato una barriera adeguata. In mezzo al campo, a ben guardare, il tandem Marin-Prati è naufragato dopo mezzo tempo. Poca fisicità, troppo spazio da coprire con Freuler e Moro che sono sembrati giganteschi. Insomma, la sconfitta ha messo a nudo aspetti chiave e il fallimento della strategia tecnico-tattica. “Dobbiamo essere sfacciati!” il mantra di Nicola alla vigilia. Ma il progetto è naufragato miseramente. Con senno di poi tutto è facile. Ma un ripasso anche alla gestione del turn over, specie per gli anzianotti, per le tre partite in otto giorni non guasta. E forse, un minuto di riposo avrebbe giovato anche a Luperto, da sempre in campo e fulminato da Davis in Friuli e da Orsolini alla Domus. Ma adesso c’è poco da recriminare. I tifosi si soffermano anche su Scuffet e Piccoli. Il portiere, due reti in due fare sul suo palo, va sostenuto anche se le diverse esitazioni non sono passate inosservate. L’attaccante è giovane e volenteroso. Però, lasciato a fare sportellate con i difensori è complicato possa crescere bene. Di certo, gli va dato tempo. Ma il bomber da quindici gol serve, serviva!, subito. Altrimenti sottoporta manca chi la metta dentro. Cosa che Lapadula e Luvumbo, per motivi differenti, non possono fare. E questo riporta al mercato: il finalizzatore da doppia cifra, dopo il flop fornito a Claudio Ranieri l’anno scorso, è sempre inesistente.
Un dna che preoccupa. Essere aggressivi e con l’approccio di fuoco a chiacchiere, e per dieci minuti, non può bastare a fare punti. Inoltre, per stare al ko con gli emiliani, si è capito che Adopo, come Mina, non può stare fuori. E merita un cenno anche la questione Gaetano: preso negli ultimi minuti del mercato come asso nella manica, visti gli exploit con sir Claudio, va messo in campo dal via. Probabilmente deve sentirsi importante, leader. Personalità, dunque. Cosa che nel Cagliari attuale, con Pavoletti fuori causa per infortunio - ma finalmente almeno convocato! - Mina in panca, è nelle corde di pochi o nessuno. Insomma, dopo dieci partite - quelle che Davide Nicola aveva chiesto per poter esprimere un giudizio tecnico e psicofisico sul gruppo - il riassunto porta a valutazioni preoccupanti. Specie se il calendario presenta la trasferta con la Lazio, lunedi nel posticipo, e l’arrivo di un Milan alle prese con problemi pesanti ma proprio per questo avversario molto più temibile. In sostanza, c’è da remare. E a poco vale ricordare che lo scorso anno con Ranieri in panca e un organico modesto come quello attuale, ci fossero in saccoccia 6 punti contro i 9 attuali. Le comparazioni sono sempre avventate. Davide Nicola a Udine pensava magari di poter gestire un pareggio. Ma è stato sgambettato, dopo una mezzora senza rischi, dall’espulsione di Makoumbou. Con il Bologna ha provato a osare. Ma i jolly pescati dal mazzo non hanno portato la giocata vincente. Il succo? Sarà anche banale, ma tare dietro non aiuta mai. E i reportage incoraggianti di “famiglia”, accompagnati da perpetue critiche ad arbitri e Var, non sono mai serviti per giocare bene, salvarsi o per giocarsi l’accesso alle Coppe. E neanche a recuperare umiltà, concentrazione e forza d’animo.